La pace difficile tra ideologie

ISRAELE-PALESTINA. E pensare che abbiamo creduto per un momento che fossimo arrivati alla fine della storia, almeno così come l’abbiamo conosciuta: storia infinita e inesausta di guerre, di violenze, di stermini.

La suggestione ci è venuta al momento della caduta del comunismo. Abbiamo pensato allora che finiva la Guerra fredda con la sua divisione del mondo in blocchi, un’epoca sovrastata dall’incubo del ricorso all’arma atomica. Siamo stati indotti per questo a immaginare che sarebbe scomparso dal nostro orizzonte il pericolo di qualsiasi guerra di vasta portata. Ci aspettavamo insomma un mondo pacificato: niente più guerre, niente più conflitti cruenti, solo prosperità e benessere. Il sogno inestinguibile della pace ci ha offuscato la vista. Si è incaricata la realtà a svegliarci. Ci ha riservato la sorpresa non solo di guerre regionali, ma di guerre scatenate da regimi politici in lotta tra loro. Guerre che non hanno solo, o soprattutto, contenziosi materiali (confini, risorse economiche, infrastrutture), ma anche immateriali, cioè ideali o ideologici. Sono contenziosi per definizione non negoziabili che, come tali, portano dritto a guerre nelle quali non si fanno prigionieri. 11 settembre 2001, 24 febbraio 2021, 7 settembre 2023, crollo delle Torri gemelle, invasione dell’Ucraina, aggressione di Israele: sono date e vicende che cadenzano e danno coerenza ad un processo che fa temere una Terza guerra mondiale.

Senza accondiscendere a facili allarmismi, non si può non notare che la dinamica di queste ripetute crisi dell’ordine mondiale hanno due caratteristiche che dovrebbero farci riflettere. Primo: come si diceva, hanno scatenato conflitti quasi impossibili da mediare. Secondo: hanno un filo rosso che le lega. Questo laccio di sangue si chiama scontro tra la civiltà politica democratica dell’Occidente e civiltà dalle forti tinte autoritarie, se non totalitarie. Putin se la intende con Assad, Xi Jinping con Khomeyni. Diverse le ispirazioni ideali, uguale il disegno. Cina e Russia non fanno mistero di considerare l’Occidente ormai moribondo. Il fondamentalismo islamico fa di più. Non vuole aspettare il decorso naturale della nostra agonia. Si incarica di procurarci direttamente la morte.

È difficile fare la pace con nemici di questa fatta. Come procurarla con gli uomini di Hamas: tagliagole assetati di sangue che sgozzano e decapitano chiunque appartenga a un popolo che giudicano in blocco nemico? Chiedete alle madri e ai padri di ragazzi fatti fuori con ferocia, colpevoli solo di divertirsi a un rave party, o di bambini colpevoli solo di essere nati: chiedete loro di offrire l’altra guancia. Chiedete al popolo ebraico che deve fronteggiare un nemico determinato - è la sua mission - di rinunciare alla vendetta, termine che nella cultura di quella nazione significa fare giustizia dell’aggressione subita. Difficile evidentemente fare la pace in queste condizioni, nell’immediato, ma non meno difficile farla anche in futuro. Non solo perché dopo settant’anni di tentativi andati in fumo, l’idea di «due popoli e di due Stati» langue. Ma anche perché - chiedetelo a Ariel Sharon, certo non una colomba - l’unico tentativo serio sviluppato per porre le basi di una convivenza tra i due popoli, si è subito arenato. Offrì nel 2005 ai palestinesi l’opportunità di costruirsi un proprio Stato attuando unilateralmente il ritiro israeliano da Gaza. L’offerta di convivenza dei due popoli fu affossata da Hamas, un’organizzazione terroristica che esclude programmaticamente dal suo orizzonte la convivenza con lo Stato di Israele. Difficile, difficilissimo fare la pace, quando mancano interlocutori disposti a trattare. Per questo c’è il pericolo che la situazione sfugga di mano e la crisi si allarghi e sfoci in qualcosa di orribile. Anche all’inizio del secolo scorso nessuno pensava ad una guerra mondiale, che invece esplose e fu cruenta come nessun’altra prima.

La logica del nazionalismo sommato all’imperialismo trascinò nel gorgo della guerra l’intera Europa, e non solo. Anche allora non si contavano le forze che invocavano la pace. È vero che la storia non si ripete, ma offre talora inquietanti analogie del presente col passato. C’è da augurarci davvero che la storia oggi non si ripeta.

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