La narrazione se vince la Russia

MONDO. È noto come la ricerca della verità sia complicata soprattutto nelle guerre, perché i luoghi sono spesso inaccessibili ai giornalisti per divieti o per pericolosità. Inoltre vengono investite risorse nella propaganda allo scopo di orientare le opinioni pubbliche.

Nel conflitto russo-ucraino la disinformazione occidentale è verificabile dal suo interno e contestabile, non fa presa a Mosca, dove agisce una censura violenta anche rispetto ai cronisti locali dissidenti (incarcerati quando non uccisi, 300 testate chiuse dall’inizio dell’invasione del Paese confinante nel febbraio 2022). La propaganda del Cremlino attecchisce invece in Occidente, in virtù di un antiamericanismo viscerale ancora diffuso che fa velo alla considerazione di tutti i fattori in gioco. Conosciamo i danni nel mondo dell’imperialismo «a stelle e strisce» e delle guerre in Vietnam, Afghanistan, Iraq e Libia ma le posizioni ideologiche a prescindere non aiutano a comprendere ciò che accade nell’Europa orientale.

I discorsi di Putin

La giornalista Anna Politkovskaja, uccisa a Mosca mentre rincasava il 7 ottobre 2006, nel libro «La Russia di Putin» scritto nel 2004, annotava come Vladimir Putin fosse animato da «revanscismo sovietico». Nei discorsi rivolti alla popolazione che presiede da 25 anni, il neo zar dichiara spesso che l’Ucraina fu un’invenzione dell’Urss (esistette invece come Paese indipendente già nel 1918-’19), che è «un non Stato, parte della Russia» e che «è venuto il momento di rimediare agli errori del 1991 e di ripristinare l’unità del popolo trino russo, ucraino e bielorusso». È l’armamentario ideologico del nazionalismo moscovita classico e moderno. Nei discorsi rivolti all’Occidente, Putin invece cita soprattutto l’esigenza di ridisegnare l’ordine mondiale (senza specificarne i principi) e i presunti pericoli militari ai quali sarebbe sottoposta la Russia, mai dettagliati se non riferendosi all’allargamento a Est della Nato, peraltro fermo dal 2004 quando per la prima volta l’Alleanza atlantica si estese sui confini russi, per mille dei 20mila chilometri. Sono pronunciamenti che fanno presa anche su parte dell’opinione pubblica occidentale che li accoglie senza approfondirli e condividendoli come ragioni dell’invasione dell’Ucraina, seppure la guerra non dovrebbe mai avere ragioni.

La disinformazione occidentale

Su questa posizione hanno così attecchito fra l’altro la messa in dubbio della verità dell’eccidio di Bucha (1.200 persone trucidate nel distretto cittadino) e della distruzione di Mariupol (25mila morti). L’infinito dibattito sulle cause del conflitto e sul rischio di una Terza guerra mondiale che sarebbe innescata dal ricorso del Cremlino alle armi nucleari, ha oscurato i crimini degli invasori nel secondo conflitto. Il primo si combatte fra i due eserciti lungo il fronte del Donbas, l’altro non fa notizia ed è condotto con il quotidiano lancio di missili su edifici civili ucraini anche lontani dalla prima linea, che solo nello scorso fine settimana ha provocato una trentina di morti fra Sumy, Odessa e Poltava (in quest’ultima città hanno perso la vita una bambina di 9 anni e i genitori).

In un’intervista rilasciata l’anno scorso a un giornalista americano «amico», Putin ha dichiarato che i negoziati nel marzo 2022 in Turchia fallirono per la pressione britannica su Kiev a boicottarli. Anche in Occidente questa affermazione è stata accredita come verità. Invece la bozza di accordo fu respinta dal governo ucraino perché prevedeva la riduzione del proprio esercito a soli 30mila effettivi e concedeva ad alcuni Paesi, fra i quali la Russia, il diritto di veto riguardo a se e quali Stati sarebbero potuti intervenire contro un’altra invasione.

Dmitrij Suslov, consigliere per la politica estera del Cremlino, settimana scorsa ha dichiarato: «Lo dico sinceramente, o l’Ucraina accetta le nostre condizioni o corre il rischio di sparire dalla carta geografica». Va seguita con tenacia la via della trattativa ma evitando l’ingenuità di credere che Putin sia animato da una volontà negoziale aperta

Mosca ha vinto la guerra delle narrazioni anche sulla questione della vittoria. L’aggressione doveva essere davvero un’«operazione militare speciale» di giorni o poche settimane, il tempo di arrivare a Kiev e di insediarvi un governo gradito. Ma l’esercito russo, giunto alle porte della capitale, fu respinto. La controffensiva del 2022 permise all’Ucraina di riconquistare il 40% dei territori perduti. Oggi Mosca detiene l’inerzia del conflitto, i suoi soldati procedono lentamente nel Donbas conquistando villaggi e centri disabitati e distrutti, a costo di grandi perdite umane e dedicando alla follia imperialista il 30% del bilancio statale. Dmitrij Suslov, consigliere per la politica estera del Cremlino, settimana scorsa ha dichiarato: «Lo dico sinceramente, o l’Ucraina accetta le nostre condizioni o corre il rischio di sparire dalla carta geografica». Va seguita con tenacia la via della trattativa ma evitando l’ingenuità di credere che Putin sia animato da una volontà negoziale aperta. Dalla sua ha i rapporti di forza dispiegati ma non il diritto internazionale, se vale ancora qualcosa.

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