L'Editoriale / Bergamo Città
Sabato 25 Gennaio 2025
La mobilità e una visione che serve al territorio
BERGAMO. Visione. Ovvero, secondo la Treccani, «modo di vedere, concetto o idea che si ha in merito a qualcosa». In sostanza, quella che troppo spesso continua a non vedersi nella pianificazione e realizzazione delle infrastrutture in una provincia grande, molto abitata e produttiva come la nostra, di conseguenza difficile da mettere a sistema.
Nelle pagine di cronaca pubblichiamo un dettagliato elenco delle opere che diverse realtà territoriali ritengono fondamentali non tanto per lo sviluppo della Bergamasca, quanto per restare semplicemente a galla. Per fare un esempio a suo modo illuminante, ci si può confrontare fino allo sfinimento sul dove far passare il nuovo ponte sull’Adda ma la sola cosa certa è che nel 2030 quello storico chiude e non ci sarà più un collegamento appena decente tra l’Isola e la Brianza, territori che fanno delle relazioni e della produttività un punto di forza.
La cifra appena sufficiente a realizzare le opere ritenute prioritarie sfiora i 2 miliardi e mezzo di euro, ma è sicuramente destinata a salire una volta (e se...) passati dalla carta ai cantieri. La verità è che in questi anni di liste della spesa ne abbiamo viste fin troppe, di opere realizzate decisamente meno. Prova ne è il fatto che molte si perpetuano nell’elenco da ormai molto (troppo) tempo e con il rischio che una volta realizzate nascano già vecchie o comunque non adeguate alle necessità del territorio, ben più mutevoli delle sue strade o ferrovie. Perché il problema, sia chiaro, riguarda entrambe.
La verità è che in questi anni di liste della spesa ne abbiamo viste fin troppe, di opere realizzate decisamente meno
Ed è proprio qui che serve una visione capace di contemperare le differenti esigenze di una mobilità che riguarda sì le persone ma anche le merci, tanto più in un territorio dalla forte vocazione all’innovazione e all’export ma dove in talune zone siamo ancora fermi all’illuminante - e terribilmente vera - sintesi di un imprenditore di un 15-20 anni fa: «I miei prodotti perdono competitività appena varcano la soglia del capannone». Ma analogamente si può (anzi, si deve) dire per la qualità della vita di chi passa ore a passo d’uomo per andare e tornare dal lavoro o stipato in treni e bus assolutamente inadatti alla situazione.
Strade vs ferrovie
Proprio per questo serve una visione capace di andare oltre la semplice emergenza e di contemperare le diverse esigenze di mobilità, tutte assolutamente legittime. A maggior ragione in presenza di una situazione economica che impone e imporrà comunque delle scelte (chi li trova 2,5 miliardi?), possibilmente uscendo una volta per tutte dalla guerra strade vs ferrovie che fa tanto guelfi contro ghibellini. Servono entrambe e sono purtroppo comunque impattanti, tanto più in ambiti urbani come qualche esempio locale ha recentemente confermato. Poi per carità ci sarà sempre chi è convinto di avere la soluzione magica in tasca, quella che generalmente coincide con il proprio punto di vista (cosa ben diversa da una visione d’insieme) e quasi mai con gli interessi comuni che, in quanto tali, sono molto più complessi e articolati.
Per fare qualche esempio, è abbastanza imbarazzante che Bergamo e Brescia siano ancora collegate da un solo binario, che del «Salto di montone» si parli da un quarto di secolo e allo stesso tempo che basti un camion di traverso per bloccare una valle intera come successo pochi giorni fa a Casnigo
La realtà però è ben diversa e parla di un territorio dove sono saltati gli equilibri tra mobilità privata e pubblica (purtroppo sempre più a vantaggio della prima), al punto tale da rendere sempre più necessari aggiustamenti e investimenti importanti. Per fare qualche esempio, è abbastanza imbarazzante che Bergamo e Brescia siano ancora collegate da un solo binario, che del «Salto di montone» (d’accordo, il nome non aiuta...) si parli da un quarto di secolo e allo stesso tempo che basti un camion di traverso per bloccare una valle intera come successo pochi giorni fa a Casnigo.
Emergenza? Normalità
E si potrebbe continuare per buona parte della provincia, ma sono cose ormai dette e stradette, senza che però che alle parole facesse seguito prima una visione e poi una pianificazione efficace. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti, o più semplicemente nell’elenco (ahinoi, l’ennesimo) delle opere prioritarie per uscire da un’emergenza che ormai non è più tale, ma la triste normalità.
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