La manovra e la ricerca di un’intesa in extremis

ITALIA. Martedì sera arriva in Consiglio dei ministri il Documento programmatico di bilancio (Dpb) insieme alla delega fiscale e alla legge di bilancio per l’invio a Bruxelles da cui si attende l’approvazione.

L’attesa per la riunione è grande, soprattutto dopo le ultime scaramucce all’interno della maggioranza che non si sono affatto placate. In ogni caso la notizia che brilla di più tra le mille indiscrezioni che stanno circolando è che la Sanità non subirebbe tagli ma anzi si potrebbe giovare di un’ulteriore dotazione di tre miliardi e 200 milioni che andrebbero a favore delle assunzioni di 10mila medici e 20mila infermieri e ad un taglio delle tasse su una voce delle loro buste paga. Il fondo nazionale per la Sanità arriverebbe così a 138 miliardi: dai partiti di centrodestra ovviamente si suonano le trombe per il risultato - da confermare - mentre l’opposizione fa dei calcoli per i quali si tratterebbe addirittura di una riduzione, sia pure in percentuale sul Pil, della spesa sanitaria. Come è noto i numeri della finanza pubblica sono sempre interpretabili in un modo o nel suo contrario.

I nodi aperti

Ma la battaglia che ci si aspetta di più riguarda soprattutto due elementi che lunedì sera indiscrezioni di fonti di governo confermavano essere presenti nel Dpb: il primo è il contributo delle banche, il secondo sono i tagli lineari alle spese dei ministeri. Come è noto, sul primo c’è una dura polemica tra Forza Italia (contrarissima) e la Lega (favorevolissima). Per Antonio Tajani sarebbe «una cosa da Unione Sovietica», per Salvini e i suoi «un modo giusto per far pagare i banchieri e non solo gli operai». Il ministro Giorgetti, che ne aveva parlato per primo - sia pure escludendo «tasse sugli extraprofitti» delle banche ma parlando di «contributo sui profitti» - secondo le voci di cui sopra avrebbe dunque ignorato il parere degli azzurri (accusati di voler tutelare gli interessi della Banca Mediolanum), ma bisogna aspettare e vedere cosa davvero uscirà stasera dalla riunione del Consiglio dei ministri. Altra questione scottante, i tagli lineari (sia pure flessibili) ai ministeri. Poiché, come dice Carlo Cottarelli che di tagli alla spesa pubblica se ne intende, ormai non c’è più tempo per fare vere razionalizzazioni di spesa, si andrebbe ad un «taglio dei capelli» valido per tutti ma che punirebbe più di altri proprio il ministero dell’Economia (800 milioni contro i 130 degli Esteri retti da Tajani). In questo caso a ribellarsi è invece il capopartito del ministro, e cioè Salvini, dal momento che il suo dicastero - Trasporti e Infrastrutture - subirebbe un pesante taglio di diverse centinaia di milioni. Saranno insomma parecchi i ministri che stasera presumibilmente alzeranno la voce anche se forse per la prima volta non si invocherà, per ragioni intuibili, il taglio della spesa militare (anzi, pare che la Difesa incrementerà il suo bilancio).

La maggioranza dovrà stringere i denti tagliando le spese dei ministri, deforestando le detrazioni fiscali, prelevando soldi dai giochi e lotterie per riuscire a far quadrare i conti e farsi accettare la manovra dalla Commissione di Bruxelles secondo i parametri del nuovo Piano di Stabilità post Covid

Gli obiettivi da raggiungere

L’obiettivo del governo è portare il deficit al 3,2% sul Pil nel 2025; attualmente è al 3,8 ma nel 2019 era all’1,6, ed è lì più o meno che ci aspetta l’Europa per concederci, a forza di riforme, una dilazione a sette anni del piano di rientro. La maggioranza dovrà stringere i denti tagliando le spese dei ministri, deforestando le detrazioni fiscali, prelevando soldi dai giochi e lotterie per riuscire a far quadrare i conti e farsi accettare la manovra dalla Commissione di Bruxelles secondo i parametri del nuovo Piano di Stabilità post Covid. Ma il punto è che i partiti alleati e i loro ministri riescano a mettersi d’accordo: l’opposizione è già pronta a cavalcare l’onda di protesta di chi si sentirà penalizzato.

© RIPRODUZIONE RISERVATA