La magia dello sport oltre ogni limite

MONDO. Il giorno in cui ci appassioneremo più alle Paralimpiadi che alle Olimpiadi non è più solo un’utopia.

Lo suggerisce il trionfo delle Paralimpiadi appena concluse a Parigi, che hanno saputo far dimenticare persino le critiche sui Giochi di agosto, tra pantomime queer e acque inquinate della Senna. Questa edizione delle Paralimpiadi, dedicata agli atleti con disabilità, è stata straordinaria, probabilmente la più emozionante di sempre. Se l’essenza dello sport è superare i limiti umani – attraverso record, primati, traguardi – a Parigi abbiamo assistito a imprese che hanno infranto ogni barriera, in tutte le discipline.

Gli atleti hanno dimostrato una determinazione e un coraggio che non si limitano a commuovere, ma suscitano ammirazione pura. Anche noi italiani ci siamo distinti, portando a casa numerose medaglie e salendo ripetutamente sul podio. Tra tutti, brilla ancora una volta Bebe Vio, simbolo indiscusso dello sport paralimpico italiano, che con il suo bronzo, che per molti vale quanto un oro, ha dimostrato una grinta fuori dal comune. E poi c’è Assunta Legnante, che si è presentata in pedana con una mascherina decorata con gli occhi della Gioconda, conquistando il suo quarto oro paralimpico nel getto del peso T12 (Londra 2012, Rio 2016, Tokyo 2020, Parigi 2024). Lei, ironica e straordinaria, che ha calcato sia pedane olimpiche – a Pechino 2008 ha partecipato da normodotata, e detiene tuttora il record italiano indoor con 19,20 metri nel getto del peso – sia paralimpiche, ha ammesso di aver avvertito un po’ di emozione, ma non tanto da impedirle di dominare la gara. Ed è sua la medaglia d’oro dell’ironia.

Assunta a Los Angeles 2028 avrà 50 anni e ha già dichiarato che ci sarà. Sarebbe perfetto vederla come portabandiera in quell’occasione. La sua storia è quella di un’eroina dei due mondi, che iniziò a lanciare per reagire a un’esclusione: la sua patologia, a 18 anni, la rese infatti inidonea per partecipare alle prove di selezione dell’Isef, il suo sogno di allora. Il resto, come si suol dire, è storia.

A proposito di Los Angeles, c’è chi ipotizza di unire Olimpiadi e Paralimpiadi in un’unica manifestazione, a sottolineare che non esistono distinzioni tra normodotati e portatori di disabilità. Rigivan Ganeshamoorthy, astro nascente del getto del peso paralimpico, e Bebe Vio, che ha partecipato a entrambe le cerimonie d’apertura di Parigi 2024, tra i primi a fare questa proposta, lo chiamano «un sogno». Un sogno complicato da realizzare. Soprattutto da un punto di vista puramente organizzativo. Unire i due eventi significherebbe, ad esempio, organizzare un colossale villaggio olimpico con 26.000 posti letto e gestire – trasferimenti compresi – una logistica in grado di ospitare altrettante persone, incluse 2.000 in sedia a rotelle. Inoltre, c’è il rischio di sminuire lo sport paralimpico, che potrebbe perdere visibilità.

Martina Caironi, medaglia d’argento nel salto in lungo e oro nei 100 metri a Parigi e parte della storica tripletta italiana nei 100 metri di Tokyo 2022, dice che la Paralimpiade è l’unico evento mediaticamente esposto a livello globale in cui le star sono persone con disabilità. E non solo: la Paralimpiade è la dimostrazione di quanto lo sport possa cambiare la percezione della disabilità, fino a farci dire, guardando i trionfi dei nostri campioni, che la disabilità non esiste.

O meglio, che tutti noi, in qualche modo, siamo portatori di disabilità e tutti siamo chiamati, seguendo l’esempio dei campioni, a superare i nostri limiti, a cercare di migliorarci dando prova del meglio di noi stessi. Questa è la lezione, o meglio la magia dello sport.

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