L'Editoriale
Domenica 13 Marzo 2022
La guerra in Ucraina? Sarà lunga e terribile
La giornata di ieri è stata quella della presa di coscienza. Il momento, cioè, in cui ci siamo resi davvero conto che la tragedia ucraina sarà lunga e sarà terribile. Per giorni ci siamo illusi del contrario. Per esempio, abbiamo parlato di una «guerra lampo» di Vladimir Putin clamorosamente fallita per merito della resistenza degli ucraini e a causa dell’approssimazione e della sudditanza al capo che siamo soliti attribuire agli apparati dello Stato russo. Ma quando, nella storia, gli eserciti russi hanno condotto guerre lampo? E infatti, lentamente o no, i russi avanzano, investono sempre nuove città, se trovano ostacoli li spianano a suon di missili e bombe. E puntano alle strutture fondamentali dell’Ucraina, porti, industrie, centrali nucleari, snodi ferroviari.
Allo stesso modo abbiamo sperato che lo tsunami di sanzioni rovesciato sulla Russia (5,532 in totale, 2.778 inflitte nelle prime due settimane della guerra) e la contestazione dei cittadini russi facesse cambiare idea al Cremlino. Ma i giorni passano e nulla succede.
Hanno preso coscienza, ieri, anche il presidente francese Macron e il cancelliere tedesco Scholtz. Hanno parlato di nuovo con Putin e l’hanno scoperto intransigente, per nulla intimorito o incline a moderare le proprie decisioni. Salta fuori, da quei colloqui, che ucraini e russi si parlano anche oltre gli incontri delle delegazioni o dei ministri, ma è chiaro che non è tempo di trattative, questo, lo scontro è andato troppo avanti perché qualcuno voglia o possa cedere adesso. Zelensky insiste sull’ipotesi di incontrare Putin, ma è un incontro che non otterrà mai. Lo Zar considera il presidente ucraino un burattino dell’Occidente, complice o succube di una lobby ucraina filonazista, o almeno lo ha dipinto così quando ha voluto darsi una qualche scusa per scatenare la guerra, non si abbasserà mai a trattare con lui.
Zelensky, al di là della retorica, non è stato mai così solo. L’Europa punisce la Russia, manda armi all’Ucraina e accoglie i suoi profughi (ormai più di 2 milioni e mezzo), pur nell’evidente difficoltà che i sindaci di alcune grandi città polacche già stanno denunciando. Ma sul campo di battaglia servirebbe ben altro, servirebbe un alleato, cosa che nessuno vuole essere. Non c’è spazio nemmeno per certi gesti simbolici: è stato proprio Macron, il leader più attivo nel cercare una composizione diplomatica, a stroncare le già flebili speranze dell’Ucraina di essere accolta nell’Unione europea.
Il presidente ucraino, che ha rifiutato un comodo rifugio all’estero per restare tra i coraggiosi che si apprestano a difendere Kiev, per la prima volta ha parlato dei caduti del suo esercito. Sarebbero 1.300, e la sensazione è che si tratti di un bilancio edulcorato per ovvie ragioni. Molto più numerosi i civili uccisi negli scontri, una realtà di tutte le guerre contemporanee che in Ucraina si farà ancora più atroce man mano che nuove città diventeranno un bersaglio. I russi bombardano sempre più a Ovest e battono a tappeto gli aeroporti per conservare il controllo dei cieli. Incombe su tutto e su tutti il sospetto che le forze armate del Cremlino non abbiano ancora impiegato tutti i loro strumenti di morte. Il che rafforza la convinzione di cui dicevamo prima, ovvero che nessuna rapida avanzata fosse in programma, che si tratti davvero di un tentativo di occupazione e che l’obiettivo finale sia la conquista e l’appropriazione della parte più ricca e produttiva dell’Ucraina.
Mentre la tragedia degli ucraini si compie, si percepisce un senso generale di attesa. Sprofonderà, la Russia, sotto il peso del suo isolamento politico, economico e culturale? E quando? E quali saranno le conseguenze per il resto del mondo, che ora calcola quanto potrà costare lo sforzo per contrastare i piani di Putin? Non è nobile, al confronto della gente che muore, ma è inevitabile. Soprattutto in un’Europa che, a differenza degli Usa, è direttamente coinvolta proprio mentre cominciava a tirare un sospiro di sollievo rispetto alla pandemia del Covid e a organizzare la sospirata rinascita economica. E che fine farà la transizione ecologica con le grandi reti di fornitura e distribuzione dell’energia scosse dal conflitto diretto tra Russia e Ucraina e da quello indiretto tra Russia e resto del mondo? Viviamo tutti alla giornata, e sono giornate tremende.
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