La guerra sospesa, ora servono buone idee

MONDO. Sembra impossibile ma in Medio Oriente anche l’annuncio di un cessate il fuoco porta con sé altri lutti e altre tempeste.

Prima che ieri venisse proclamata la tanto sospirata tregua tra Israele e Hezbollah (il Libano ci ha solo messo i morti, quasi 4mila, non certo la volontà di combattere), i caccia dello Stato ebraico hanno compiuto almeno dieci bombardamenti su Beirut, secondo la strategia vista già a Gaza, che mira a ottenere dal controllo totale dei cieli l’effetto di intimidazione e terrore che non viene raggiunto via terra. Nelle stesse ore, il premier israeliano Benjamin Netanyahu subiva un’incursione per lui molto più insidiosa di quelle organizzate da Iran, Hamas e Hezbollah. La Commissione civile d’inchiesta, che ha radunato sotto la guida del giudice Varda Alsheikh esponenti del mondo accademico e della società civile per esaminare i fatti del 7 ottobre 2023 e le stragi compiute da Hamas, ha espresso un giudizio pesantissimo. Netanyahu e il suo Governo sono accusati di «arroganza e cecità», di aver ignorato i ripetuti avvertimenti su possibili attacchi di Hamas e ancor più di aver speso ingenti somme per anni per dare fiato a Hamas e spaccare così il fronte palestinese, cercando di «comprare la tranquillità della sicurezza con i soldi».

Tra Israele e Hezbollah è tregua, non pace

Insomma, una condanna senza appello. Tanto più importante perché Netanyahu (coda di paglia?) ha sempre risposto picche alle pressioni per istituire una commissione d’inchiesta ufficiale sul massacro di 1.200 civili israeliani da parte dei terroristi palestinesi. Le due cose stanno insieme per una ragione precisa. Tra Israele e Hezbollah è stata siglata (mediatori gli Usa e la Francia del redivivo Macron) una tregua, non certo una pace.

Sul lato libanese, il movimento sciita ha già fatto sapere che non intende smobilitare ma, al contrario, mettersi al servizio dei libanesi colpiti dalle distruzioni della guerra. La tattica classica dei movimenti radicali islamici di tutto il Medio Oriente per mescolarsi alla popolazione civile e fare proselitismo. Sul lato israeliano, complice anche il rapporto della suddetta Commissione, si è riaperto lo scontro politico tra il premier Netanyahu e l’ex premier Benny Gantz. Questi è stato anche Capo di Stato maggiore e non ha mai cessato di sostenere che il pericolo vero per Israele non viene da Gaza ma dalla potenza militare di Hezbollah e dai suoi legami con l’Iran. Non a caso nel giugno scorso Gantz si era dimesso dal gabinetto di guerra, adducendo come ragione la mancanza di una visione strategica per il dopo guerra.

Il fronte interno israeliano

Nello spazio di questa tregua, quindi, da un lato Hezbollah cercherà di riorganizzarsi, dall’altro Gantz proverà a dare l’assalto al fortino politico di Netanyahu proprio argomentando che il premier non solo non riesce a proteggere gli israeliani ma conduce anche guerre che sbagliano il bersaglio. Per lui era giusto arrivare a una tregua a Gaza, anche per salvare gli ostaggi, mentre non ha senso fermarsi di fronte al nemico sciita annidato in Libano. Due propositi, quelli dei leader di Hezbollah e di Gantz, che in caso di riuscita sono destinati a confliggere e che quindi lasciano la porta aperta a una ripresa delle ostilità.

Libano, la tregua e i nodi irrisolti

Nel frattempo restano irrisolti due problemi fondamentali. Il primo è che cosa fare dei palestinesi, anche alla luce della nuova amministrazione americana. Trump sta assegnando le cariche connesse con il Medio Oriente a una serie di falchi pro Israele, e la cosa non fa ben sperare. Perché comunque ci sono milioni di palestinesi a cui occorre dare una prospettiva, anche per sottrarli alla fascinazione violenta di Hamas. Netanyahu, si sa, confida nei quattrini e nelle bombe per sventare l’ipotesi di uno Stato di Palestina, ma qualcosa di un po’ più serio del Grande piano (ipse dixit) trumpiano del 2020 bisognerà produrlo.

Lo stesso vale per il Libano. Hezbollah ha costruito un contropotere dentro lo Stato, che infatti è impotente a reagire. Ma se Europa e Usa credono che la minaccia dei proxy dell’Iran vada sventata, allora è proprio sulla sovranità statuale libanese che occorrerà agire, per rinforzarla e renderla efficace. La tregua va benissimo, qualche buona idea politica andrebbe ancor meglio.

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