L'Editoriale
Sabato 01 Febbraio 2025
La guerra in Europa tra slogan e realtà
MONDO. Dagli slogan alla cruda realtà. «In 24 ore» Donald Trump aveva promesso di risolvere la questione russo-ucraina in campagna elettorale.
Adesso gli uomini del suo entourage parlano di sei mesi di lavoro diplomatico per raggiungere una qualche intesa, mentre viene programmato un summit con Vladimir Putin, forse in marzo, forse in Svizzera, stando a fonti russe. Sei mesi, partendo dal 20 gennaio, significa che si rischia di arrivare all’estate prossima. E nel frattempo cosa succederà? Ma quante possibilità ha davvero Trump di fermare il conflitto? Nel classico gioco delle parti l’uscente presidente Joe Biden ha continuato a riempire Kiev di soldi e di armi. Ma non solo: ha stretto la cinghia delle sanzioni contro l’industria petrolifera russa: nel mirino Usa sono entrate un paio delle maggiori compagnie del Paese slavo e la cosiddetta «flotta ombra». Il giro di vite è stato così forte che cinesi, indiani e turchi - i maggiori compratori dell’«oro nero» federale - si sono presi tempo per decidere se e come proseguire ad acquistare dai russi. Prima e di più non si poteva fare, altrimenti il prezzo del petrolio sui mercati internazionali sarebbe schizzato alle stelle.
Il settore energetico tiene
Il settore energetico - nonostante la cura dimagrante, iniziata dopo il febbraio 2022 - vale ancora un terzo delle entrate nel bilancio di Mosca. L’obiettivo di Washington è ridurre ulteriormente i fondi a disposizione dell’economia di guerra, disegnata dal Cremlino. La ragione è semplice: sia i democratici che i repubblicani Usa non si fidano di Putin. Appena finirà i soldi, questi tornerà a più miti consigli. Del resto è stato così per l’Unione Sovietica, fallita finanziariamente anche per la corsa agli armamenti.
Un cessate il fuoco implica avere già definiti a grandi linee dei termini di una possibile intesa. L’Ucraina è disposta a cedere territori? La Russia cosa farà con la sua oblast di Kursk occupata dai militari nemici? Avverranno scambi di regioni tra Mosca e Kiev?
Sebbene si speri - poiché disperati per tanta morte e distruzione ad Est - che Trump abbia la bacchetta magica e offra subito a Putin la possibilità di riparare in parte al gravissimo errore di attaccare l’Ucraina nel febbraio 2022, è difficile ritenere che, come d’incanto, venga definita una tregua. Un cessate il fuoco implica avere già definiti a grandi linee dei termini di una possibile intesa. L’Ucraina è disposta a cedere territori? La Russia cosa farà con la sua oblast di Kursk occupata dai militari nemici? Avverranno scambi di regioni tra Mosca e Kiev?
Due sono, però, i veri nodi da sciogliere. Il primo riguarda la sovranità ucraina nel quadro di una stabile architettura di sicurezza europea. Il secondo è rappresentato dalle sanzioni occidentali contro la Russia, che stanno letteralmente levando il fiato a Mosca. Sia Zelensky che Putin non possono permettersi concessioni su tali nodi. Kiev, che chiede l’adesione alla Nato, è memore che nel 1994 aveva ceduto l’arsenale nucleare, ereditato dall’Urss. In cambio, con il Memorandum di Budapest, aveva ottenuto garanzie sulla sua integrità territoriale e sovranità. Sappiamo come è andata. Mosca è nella posizione di dover riannodare i rapporti con l’Occidente, altrimenti la sua economia è destinata a lunghi anni di sofferenze.
Lo spauracchio delle sanzioni
Nelle prime giornate da inquilino della Casa Bianca, Trump è giunto a minacciare ulteriori sanzioni se Putin non fermerà questa follia senza senso. Una delle frecce nell’arco del presidente Usa è di far cadere il prezzo del petrolio a livello internazionale. Allora sì che per Mosca sarebbe l’inizio di un vero calvario economico. «Non sarà facile - ha ammesso Marco Rubio, il nuovo segretario di Stato Usa - definire un piano. È ovvio che sia Ucraina che Russia dovranno fare concessioni. Agli Stati Uniti il compito di trovare l’equilibrio».
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