L'Editoriale
Mercoledì 02 Ottobre 2019
La guerra dei dazi
Quanto paghiamo
Il Parmigiano e il Pecorino effetto collaterale dello scontro tra Airbus e Boeing. Chi l’avrebbe detto? Eppure è proprio così. Nella guerra dei dazi che Donald Trump sta infliggendo al mondo, dalla Cina all’Europa, il Made in Italy rischia di pagarne (è proprio il caso di dirlo) le conseguenze salatissime. Pare che al momento, in attesa del Wto, la speranza sia aggrappata alle origini italiane del segretario di Stato statunitense Mike Pompeo, in visita a Roma. Forse tra un abbraccio al presidente Mattarella, una visita al Colosseo e soprattutto al paesello abruzzese delle origini(Caramanico Terme), il capo della diplomazia americana potrebbe muoversi a compassione e ammansire il mastino della Casa Bianca. Ma lo scenario, per il nostro export alimentare (e non solo) è abbastanza terrificante.
Tra l’altro il rischio, ha spiegato la Coldiretti, si abbatte sul record storico del Made in Italy negli Stati Uniti, che, con un balzo del più 8,3 per cento nei primi otto mesi del 2019, sono il principale mercato di sbocco fuori dai confini europei.
Avete capito bene: il principale. E non è difficile immaginare perché: i redditi dei cittadini statunitensi, la quantità di emigrati e cittadini di origine italiana presenti nel subcontinente americano e naturalmente «last but not least» la bontà ineguagliabile dei nostri prodotti. Le mucche del Wisconsin non producono Parmiggiano. Negli Usa, ha evidenziato ancora l’organizzazione degli agricoltori italiani, l’export di questi nostri «capolavori» alimentari è cresciuto fino ad ora più del doppio rispetto al mercato mondiale, dove l’incremento è stato del 3,4 per cento.
«L’Italia – lamenta il presidente della Coldiretti Ettore Prandini – rischia di essere ingiustamente anche tra i Paesi più puniti dai dazi Usa per la disputa tra Boeing e Airbus, che è essenzialmente un progetto franco-tedesco». Si stimano danni che oscillano dai duecento milioni al miliardo di euro (su un mercato complessivo di 5 miliardi). Negli Usa fanno sapere che sono pronti ad applicare dazi pari anche al 100 per cento delle merci.
Morale: una bottiglia di prosecco da 5-6 euro a bottiglia in Italia negli Usa costerebbe l’equivalente in dollari di 10-15 euro. Con un dazio del 100 per cento il prezzo arriverebbe a 20-30 euro. L’export del prosecco ha messo a segno nel 2019 un più 17 per cento. Negli Usa le esportazioni sono cresciute del 10 per cento. Un chilo di grana padano che si trova oggi al supermercato a 12-15 euro al chilo negli Usa può costare l’equivalente di 30-35 euro. Con rincari al 100 per cento domani si potrebbero raggiungere i 60-70 euro al chilo.
In questo caso i prodotti sarebbero fuori mercato. Se i dazi si fermassero al 30 per cento, il prezzo toccherebbe 45 euro. Sarà il Wto, arbitro della grande guerra tra le due sponde dell’Atlantico, a decidere i risarcimenti. Ma è solo l’inizio, perché l’Unione europea reagirà con misure analoghe, alzando complessivamente i prezzi dei prodotti sui mercati mondiali. Una vicenda iniziata con un ricorso all’Organizzazione mondiale del commercio con un ricorso di Bruxelles contro gli aiuti di stato alla Boeing.
Insomma, è come se Trump avesse messo una bomba a tempo sulla nostra economia, che rischia di pagare un prezzo ingiustamente sproporzionato per dei prodotti agro-alimentari che il mondo ci invidia. Ci mancava anche questa.
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