La fuga di notizie
uno stop fa giustizia

L’iniziativa è clamorosa, non avendo precedenti almeno in tempi recenti. Il neo procuratore di Perugia (si è insediato tre mesi fa) Raffaele Cantone ha deciso di interrompere momentaneamente l’inchiesta sull’esame di italiano all’Università per stranieri di Perugia del calciatore Luis Alberto Suarez e di riprogrammare le attività investigative affinché si svolgano con la garanzia della riservatezza. Un messaggio rivolto a tutti gli inquirenti e agli ufficiali di polizia giudiziaria che lavorano con e nella Procura. «Non lascerò che questo caso diventi uno show giudiziario – ha avvertito Cantone –. Altre fughe di notizie non saranno tollerate». La presa di posizione ci ricorda che ci sono carte delle inchieste e intercettazioni coperte dal segreto istruttorio, la cui pubblicazione costituisce un reato, previsto dall’articolo 326 del codice penale (rivelazione e utilizzazione di segreti di ufficio): ma il cronista se la cava pagando una piccola ammenda.

La fuga di notizie e di intercettazioni rischia di danneggiare l’indagine. Chi vi ricorre peraltro ha una finalità opposta: la speranza che la diffusione sui media di stralci dell’inchiesta funzioni come strumento di pressione psicologica sugli indagati. Quegli stralci però spesso chiamano in causa persone che non solo non sono sotto indagine, ma del tutto estranee alle vicende giudiziarie: subiscono un danno d’immagine rilevante, una macchia che resta nella loro biografia. È una questione grave e mai risolta. Ora però alcune Procure hanno deciso finalmente di agire: a Roma, Torino e Napoli è stato adottato un ordine di servizio per disciplinare criteri e modalità di rilascio di copia dei provvedimenti ai media, e solo di quelli.

Cantone è un magistrato serio, che non si è mai prestato alle bassezze del circo mediatico-giudiziario. Rare le sue apparizioni pubbliche, esclusa la parentesi nel ruolo di presidente dell’Anticorruzione, dopo aver combattuto la mafia quando operava a Napoli. La sua iniziativa è coraggiosa – si è detto stizzito anche dagli assembramenti di giornalisti, cameramen e fotografi davanti alla Procura di Perugia in questi giorni – ma ha il difetto di essere tardiva. Ampi stralci di verbali degli interrogatori e di intercettazioni sul caso Suarez hanno già fatto il giro d’Italia e non solo. L’inchiesta ovviamente non si fermerà, ma sarà organizzata diversamente, con tempi e modalità logistiche tali da garantire l’assoluta segretezza degli accertamenti.

Gli interrogatori e le audizioni non si faranno in Procura, ma in località diverse e da definire. Una via d’uscita che garantirà riservatezza ma che sa di resa, rinunciando alla sede istituzionale (la Procura) dove opera la giustizia. Oltretutto riguardo a un’indagine di basso cabotaggio che riguarda un fatto molto minore ma ingigantita mediaticamente perché in causa c’è una persona importante e nota, un campione di calcio. In più si è aggiunto il nome della Juventus, scatenando tifoserie intorno alle aule della giustizia. Non ne usciamo bene, in un momento in cui il Paese affronta ben altri problemi, a partire dalla grave crisi economica innescata dalla pandemia di Covid. Non è «benaltrismo», ma avere chiara la gerarchia delle urgenze. La speranza è che lo stop di Cantone apra finalmente la strada ad una riflessione seria sui danni umani del circo mediatico-giudiziario e che l’iniziativa del procuratore di Perugia venga ripresa da altri colleghi, anche quando non sono coinvolti nomi noti ma persone sconosciute che non hanno scudi difensivi solidi. Ne va della giustizia e del grado di civiltà della nostra storia.

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