La Francia in crisi grave, un fantasma per l’Europa

IL COMMENTO. Mai le sorti dell’Europa sono state appese al verdetto elettorale di uno Stato membro come in queste settimane lo sono con la Francia. Nemmeno nel 1958, quando la nazione d’Oltralpe investita dalla guerra d’Algeria si trovò sull’orlo di un colpo di Stato. Nemmeno allora il nostro continente temette gravi conseguenze.

Erano altri tempi. La Guerra fredda, con la minaccia della catastrofe atomica, garantiva un ordine stabile. Ora nel pianeta regna un disordine generale che si somma e si complica con il disordine interno di ogni Paese. Lo si è visto con le elezioni appena tenute. Lesionati i due pilasti dell’ordine europeo (Francia e Germania), l’edificio europeo ha preso a traballare. S’è aperta una fase di grave incertezza. Centro di irradiazione la Francia. Il Paese dei Lumi si ritrova nel pieno di una crisi che rischia di destabilizzarlo. Prima, il voto di domenica ha sovvertito il rapporto fra la maggioranza e l’opposizione, e già questo sarebbe bastato a mandarlo in fibrillazione. Se a ciò si aggiunge che il vincitore è il partito della estrema destra, le Rassemblement National, si ha la misura della crisi.

Non bastava questo sovvertimento dei rapporti tra i partiti. È seguito un altro colpo di scena. Il partito gollista, storico alfiere della conventio ad excludendum dell’estrema destra, ha inopinatamente accettato di allearsi proprio con il cigno nero della democrazia repubblicana: Marine Le Pen. È saltato il cordone sanitario che teneva la destra antisistema nel ghetto. Si capisce a questo punto la profondità della crisi del Paese. Tutti i punti di riferimento sono saltati. S’è terremotato lo stesso partito dei Republicains. Il suo segretario, Éric Ciotti, non aveva ancora firmato l’accordo con Le Pen che il partito si è ribellato, aprendo così una frattura che mette in forse la stessa alleanza appena sottoscritta. L’Europa è rimasta col fiato sospeso. Attende con ansia il verdetto delle urne che tra venti giorni stabilirà i nuovi rapporti dell’Assemblée nationale. Difficile fare previsioni. Il voto di domenica scorsa non offre sicuri punti di riferimento. Sette giorni fa si è votato col proporzionale. Il 30 giugno si voterà con l’uninominale a doppio turno. Con tale sistema non basta essere il primo partito nazionale per riuscire vincitore. L’elettore è portato a esprimere, non un voto di appartenenza ma utile: per riuscire bisogna attrarre nuovi elettori. Macron ha scelto l’azzardo: scommette che alla fine i francesi non se la sentano di consegnare lo scettro del potere al giovane e inesperto Bardella. Nel malaugurato caso che lo premino, nei due anni che mancano alla fine del suo mandato, l’inquilino dell’Eliseo fa conto che il rovinoso programma di spese del Rassemblement National mandi all’aria insieme i conti pubblici e la fiducia dei francesi nella destra.

Un fantasma si aggira, insomma, per l’Europa: l’entrata in pompa magna di Bardella a Palazzo Matignon. Sarebbe il segnale di riscossa per le destre continentali. Vedrebbero abbattuto il veto da sempre opposto loro ad accedere ai piani alti delle istituzioni europee. Avrebbero con ogni probabilità di far saltare la riconferma della cosiddetta «maggioranza Ursula» formata da popolari e socialisti, che ha governato l’Ue nella legislatura che si chiude. Tutto tornerebbe in discussione. Soprattutto sul tema cruciale della politica estera. Con Le Pen alla guida della Francia, l’Europa sarebbe spinta a rivedere la linea di fermezza finora seguita di contrasto netto al neoimperialismo espansionistico della Russia di Putin. Se a ciò si aggiungesse in autunno il ritorno alla Casa Bianca (a tutt’oggi probabile) di Trump, maldisposto verso il Vecchio continente, il cerchio si chiuderebbe. Il vascello dell’Europa si ritroverebbe nel bel mezzo di una bufera, con una guerra sull’uscio di casa e un duro confronto in atto tra le massime potenze (Usa e Cina) per la conquista della leadership mondiale, divisa al proprio interno e incerta sul da farsi. Si capisce a questo punto come nelle cancellerie europee si stia col fiato sospeso.

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