L'Editoriale / Bergamo Città
Domenica 17 Maggio 2020
La cattiva politica
Il principio della realtà
Quando si entra in una crisi economica che potrebbe essere sconvolgente, vengono spazzate via le velleità, ridicolizzate le promesse elettorali troppo facili, e allora si afferma, con tutta la sua inesorabile forza, il principio di realtà, inventato da Freud. Si debbono cioè fare i conti con i fatti. Cadono le illusioni generate dalle semplificazioni dei momenti che oggi per paradosso rimpiangiamo: l’epoca felice del debito «solo» al 134% del Pil. E allora un Paese deve avere la capacità di rimettersi profondamente in discussione, affrontando appunto la realtà: una crescita ferma da 20 anni, il debito, una forza lavoro del 39% rispetto alla popolazione, la maggioranza dei contribuenti che dichiara meno di 20 mila euro di reddito, il 95% di pensionati che riceve più di quanto versato.
Insieme all’emergenza, occorre prendere di petto i grandi problemi del Paese. Il processo va guidato, non bastano le cose che già si muovono da sole. È tornata la povertà, che era stata abolita. Si invoca a gran voce che i percettori del reddito di cittadinanza vadano a raccogliere pomodori. I navigator sono senza capo, volato in Missisippi senza pagare il conto dei guai che ha fatto e anche delle spese personali. Il ministro inventore di una legge spazzacorrotti, pessima innanzitutto nel titolo, rischia di essere spazzato lui per reverenza verso la mafia.
Sono segnali di cambiamento vero, dopo quello falso generato solo dall’euforia. Quatto quatto, Gualtieri è persino riuscito a cancellare le clausole Iva che da un decennio strozzavano qualunque manovra. Ci si accorge che non aveva dignità la legge Di Maio che avrebbe oggi portato a 300 mila licenziamenti (1,5 milioni in seguito) e la si annulla di corsa. Chi saliva sul tetto del Parlamento per disprezzo, ora lo difende, predica stabilità, deplora gli estremismi e tra un po’ anche i vaffa. Chi vedeva corruzione ovunque e bloccava le Olimpiadi, vuole oggi semplificazioni e «metodo Morandi» per aprire cantieri, fare opere pubbliche, un tempo avrebbe detto «cementificare».
Di tutte le velleità che agitavano la politica italiana, l’ultima prossima a cadere sembra essere l’idea che l’Italia possa «fare da sola». Conte l’ha detto ancora in marzo quando minacciava l’Europa respingendo il Mes che poi è arrivato, e chiedeva a gran voce gli eurobond che nessuno gli ha poi dato. Il cancelliere austriaco Kurz, un sovranista che piace ai patrioti italiani, ha affermato l’altro giorno che l’Italia senza Europa sarebbe già fallita. Il nostro ministro degli Esteri, che bacchetta la libera opinione dei giornali tedeschi, in questo caso è stato zitto, perché il principio di realtà rende plausibile perfino questa cattiveria. Ma è vero, l’Italia non ce la può fare da sola, ha un disperato bisogno di Europa. Con il decreto «rilancio» (meglio chiamarlo «rete di protezione») ha finito i debiti sostenibili a fatica.
Per pagare stipendi e pensioni vende Btp alla Bce, che si avvia a possederne il 25% (era il 17%). Da Bruxelles arriveranno ora miliardi per combattere la disoccupazione e per sostenere le imprese. Ci sono pronti anche 12 miliardi dei vecchi cofinanziamenti ora non più richiesti. Poi c’è il Mes per sistemare la sanità, ma siamo ancora al vorrei ma non posso. Conte non vuole toccarli perché Di Maio li giudica «inadeguati». Ma come? 36 miliardi per la sanità distrutta, con lo 0,1% di interesse, sarebbero «inadeguati»? Lo è se mai un governo che non fa un piano per spenderli bene. Se poi facesse da solo, gli stessi soldi costerebbero 6 miliardi di interessi!
E infine c’è il recovery fund, che - a differenza del Mes, subito pronto - diventerà operativo nel 2021. Il Parlamento europeo ha chiesto che valga 2.000 miliardi «aggiuntivi» e non sia fuffa basata su moltiplicatori, ma denaro sonante, e non condizionato alla piccola entità del bilancio comunitario. Lega e Fratelli d’Italia si sono astenuti in nome, chissà perché, del benaltrismo. Ci vorrà tempo, ma sarà la grande partita tra Europa e Stati nazionali. Vedremo se anche qui il principio di realtà funzionerà. A volta, le grandi crisi, addirittura le tragedie, obbligano il vizio a rendere omaggio alla virtù.
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