La brutta fine estate del governo in difficoltà

IL COMMENTO. Ogni giorno che passa, il cosiddetto «caso Sangiuliano» si arricchisce di nuovi particolari, nette smentite, ardite ricostruzioni, acidi pettegolezzi sul rapporto tra il ministro della Cultura e la sua mancata consulente, prima nominata e poi retrocessa, Maria Rosaria Boccia.

Quest’ultima getta continuamente benzina sul fuoco non mancando di smentire ad ogni passaggio le parole del ministro, comprese quelle, accorate, pronunciate di fronte alle telecamere del Tg1 durante l’intervista concessa al direttore Chiocci e in cui Sangiuliano ha ammesso di aver avuto una relazione con la medesima signora di Pompei, presunta influencer e tante altre cose.

Ma Boccia non si limita a contrappuntare le dichiarazioni del suo ex mentore: addirittura attacca Giorgia Meloni accusando «il Palazzo» nel suo complesso di «esercitare ricatti», rifiutando per sé l’accusa di «ricattatrice» che da più parti le si stanno indirizzando. Peraltro l’attivissima Boccia fa sapere di avere registrato esplosive conversazioni con il ministro, piene di rivelazioni e particolari imbarazzanti.

Dove e come finirà questa brutta storia di fine estate che rischia di preannunciare uno scuro autunno per il Governo? Il danno politico di immagine per la squadra di Giorgia Meloni supera largamente quella che sta subendo lo stesso Sangiuliano; oltretutto questo danno si allarga in campo internazionale perché c’è in ballo la riunione del G7-Cultura che, così stando le cose, tornerà alla sede iniziale di Napoli-Positano abbandonando quella, aggiunta in un secondo momento, di Pompei. I profili di sicurezza della riunione, messi in dubbio dalla presenza alle riunioni riservate di una persona senza i titoli necessari – presenza smentita dal ministro, confermata da Boccia – stanno suscitando tali e tante richieste di chiarimento da parte dei Paesi membri da far temere addirittura l’annullamento del summit. Cosa che porterebbe automaticamente alle dimissioni di Sangiuliano, oggi ancora in discussione con molti dubbi che si rincorrono sia a Palazzo Chigi che a Montecitorio tra i partiti alleati. La Lega è apparsa subito come il partito più freddo sulla sorte dell’ex direttore del Tg2: del resto non è un mistero che Salvini – punto anche sul piano personale dalle rivelazioni di Boccia su certe parole pronunciate da Sangiuliano a proposito del leader della Lega – Salvini, dicevamo, ha pronta una sostituta da mettere al vertice del ministero che fu fondato da Giovanni Spadolini: si tratta della viceministra Lucia Borgonzoni che sembra stia già scaldando i motori.

Ma qui si apre il discorso sul possibile rimpasto che le dimissioni di Sangiuliano aprirebbero, dal momento che si tratterebbe di sostituire anche lui oltre al suo collega Fitto indicato quale commissario italiano a Bruxelles e (se le sue vicende giudiziarie andranno in un certo modo) a Daniela Santanchè che naviga sempre in acque assai poco sicure. Tre poltrone ministeriali che cambiano occupante sono un vero e proprio rimpasto di governo che impone un dibattito parlamentare e un nuovo voto di fiducia al Governo. Dunque, da una parte Giorgia Meloni dovrebbe affrontare la difficile trattativa con gli alleati sulle poltrone da redistribuire – operazione sempre pericolosa per la stabilità dei governi – ma dall’altra dovrebbe presentarsi in Parlamento in una condizione di obiettiva difficoltà e di imbarazzo. Le opposizioni infatti sono all’attacco, chiedono che Sangiuliano si presenti dimissionario alla Camera e pensano ad una mozione di sfiducia individuale da firmare tutti insieme mentre contestano i diciassette minuti dell’intervista di Sangiuliano al Tg1, parlando di «uso privato del servizio pubblico». La circostanza finirà in Commissione di Vigilanza Rai, riscaldando ancor di più un clima ormai rovente.

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