Investimenti mancati, il problema dell’Europa

MONDO. Per capire in che direzione muove la nostra economia, per analizzarne gli attuali punti deboli e ipotizzare auspicabili correzioni di rotta, può essere utile tentare di assumere per un momento la prospettiva di un investitore.

Qui non ci interessa – sia chiaro - l’operatore di Borsa pronto a spostare capitali ingenti per guadagni rapidissimi, né gli epigoni del «lupo di Wall Street». Parliamo infatti dell’«investimento reale», non quello finanziario o speculativo, ma quello che sui manuali di economia è definito come un qualsiasi acquisto di beni capitali nell’attesa di percepirne un rendimento. La decisione di acquistare oggi un nuovo impianto o un nuovo macchinario, oppure un nuovo appartamento, dipende dunque dai guadagni e dai servizi che gli stessi beni potrebbero dare in futuro. Il grande problema è che oggi in Europa sempre meno aziende e persone scelgono di investire. Per spiegare perché non possiamo limitarci ad attribuire la colpa all’instabilità generata dal ciclone Trump, piuttosto dovremmo indagare le ragioni che rendono il futuro europeo meno luccicante agli occhi di chi ha risorse da investire.

Combattere la stagnazione

Qualunque cosa stia accadendo oggi alla Casa Bianca, «l’Europa avrebbe dovuto comunque combattere la stagnazione della sua economia», ha detto Mario Draghi martedì scorso in Parlamento, e ha aggiunto: «Il dato che meglio riassume la persistente debolezza dell’economia del nostro continente è la quantità di risparmio che ogni anno fuoriesce dall’Ue: 500 miliardi di euro nel solo 2024, risparmi – ha spiegato l’ex presidente della Bce – a cui l’economia europea non riesce a offrire un tasso di rendimento adeguato». Gli investimenti mancati, insomma, sono la prima cartina di tornasole della fatica che si fa a scommettere sull’avvenire europeo.

La crescita fiacca

Non a caso, osservano alcuni economisti della Bce, la crescita degli investimenti delle imprese in Europa è molto più fiacca che negli Stati Uniti: dal quarto trimestre 2021 al quarto trimestre 2024 gli investimenti sono aumentati del 6,8% nell’area dell’euro, e di oltre il doppio (15,4%) negli Stati Uniti. I ricercatori dell’Eurotower identificano almeno cinque cause di questo evidente ritardo. Una parte dell’indebolimento è «riconducibile al calo della domanda». Washington, durante e dopo la pandemia, è stata più rapida di Bruxelles, per esempio, nell’attuare politiche di stimolo agli investimenti: Inflation Reduction Act e Chips & Science Act hanno mobilitato 835 miliardi di dollari per energia pulita e microprocessori, un ammontare maggiore dei 750 miliardi di euro di Next Generation Eu.

Gli investimenti Usa

Le somme stanziate dagli Stati Uniti, soprattutto, sono state concentrate nel settore manifatturiero, con un utilizzo più rapido dei finanziamenti pubblici grazie a meccanismi semplificati (crediti d’imposta a famiglie e imprese) e a un mercato unico più maturo, spiegano dall’Eurotower, fornendo così una forte spinta ai capitali privati. Secondo fattore da prendere in considerazione: la domanda di investimenti, nei nostri Paesi, è stata frenata dai «rincari più marcati dei beni energetici nell’area euro» sulla scorta dell’invasione russa in Ucraina. L’America, in altre parole, si gode anche i benefici della propria crescente autonomia energetica. Terzo fattore: secondo la Bce, nel nostro continente è stata «più elevata» l’incertezza sulla politica economica. «Inoltre – si legge nel Bollettino pubblicato ieri – un significativo differenziale di investimenti immateriali, relativo alla spesa per innovazione e per ricerca e sviluppo (R&S), contribuisce ad ampliare il divario di produttività tra l’Ue e gli Stati Uniti».

La situazione in Italia

Detto altrimenti, mentre gli investimenti in R&S in Europa – e dunque anche in Italia – si concentrano su settori maturi, quali autoveicoli e attrezzature, negli Stati Uniti invece si concentrano in misura crescente su attività basate sulle tecnologie di informazione e comunicazione, compresi centri di elaborazione dati e servizi collegati all’Intelligenza artificiale. «Gli investimenti immateriali sono fondamentali per la crescita a più lungo termine ed è probabile che stiano contribuendo al crescente divario di produttività tra le due economie». Quinta e ultima causa del nostro ritardo: le imprese europee segnalano maggiori ostacoli agli investimenti nell’Ue rispetto agli Stati Uniti. A pesare, oltre ai costi energetici di cui si è già detto, ci sono la carenza di personale qualificato e una regolamentazione troppo onerosa. Ecco perché, mettendoci per un momento nei panni di un investitore, potremmo immaginare con minore difficoltà un’agenda riformatrice per un’Europa all’altezza del futuro che merita.

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