L'Editoriale / Bergamo Città
Sabato 30 Luglio 2022
Invecchiare è progresso, ma se cresce la natalità
Il commento Il fatto che in Italia la popolazione abbia sempre maggiori chance di invecchiare in buone condizioni di salute - anche rispetto agli standard mondiali - è una conquista e non il frutto del caso.
L’invecchiamento è un progresso alla portata di tanti concittadini, il coronamento di un processo decennale fatto per esempio di maggiore benessere procurato con abbondanza di idee e voglia di lavorare, di stili di vita più sani, di risorse intellettuali e finanziarie che tutta la società ha potuto e voluto dedicare allo sviluppo della ricerca medica e della sanità. Una conquista che faremmo bene a non considerare garantita per sempre, come dimostrano i casi di altri Paesi del mondo - non solo fra quelli meno sviluppati - che di recente hanno visto regredire l’aspettativa di vita media alla nascita. Nel nostro Paese le persone con più di 65 anni d’età hanno superato ormai la soglia dei 14 milioni su poco meno di 59 milioni di residenti, sono cioè il 23,8% del totale. E negli ultimi dieci anni gli over 65 sono aumentati di un milione e mezzo di unità, come si legge in una recente analisi dedicata da Tender Capital e Censis alla cosiddetta «Silver economy», cioè «l’economia color argento» o «con i capelli bianchi», quella che ruota attorno agli anziani.
«Viviamo in una società che sta sempre più invecchiando, o meglio rispetto al passato ha opportunità di condurre una vita sociale ed economica molto più vantaggiosa»
Bergamo e provincia non fanno eccezione rispetto a questa tendenza. La Federazione nazionale pensionati (Fnp) della Cisl ha calcolato che nella Bergamasca, negli ultimi dieci anni, la popolazione è cresciuta complessivamente di appena 4.816 unità (comunque meglio della popolazione italiana che in generale è in diminuzione). Nella stessa area - tra città e provincia - nel 2011 gli over 65 erano poco più di 195mila su una popolazione totale di 1,1 milioni (quindi il 17,8% del totale), mentre nel 2021 gli stessi over 65 sono diventati oltre 236mila (quindi il 21,5% del totale). È a partire da dati simili che la Cisl locale invita tutti a un’utile riflessione, iniziando col sottolineare il fatto positivo che «viviamo in una società che sta sempre più invecchiando, o meglio rispetto al passato ha opportunità di condurre una vita sociale ed economica molto più vantaggiosa». Eppure gli stessi rappresentanti dei pensionati esortano giustamente a non cullarsi sugli allori, a prendere sul serio l’urgenza di alcune riforme dell’assistenza sanitaria e di quella socio-assistenziale. D’altronde - ha rilevato di recente l’Istat, presieduta peraltro da un valente demografo come il professore Gian Carlo Blangiardo - dei 6,4 milioni di anziani nel nostro Paese con limitazioni gravi o moderate nel livello di autosufficienza, il 33,7% dichiara di non sentirsi adeguatamente aiutato, mentre l’aiuto è sufficiente per il 39% e non necessario per il 27,4%.
Sono circa 4,6 milioni gli anziani con moderate o gravi limitazioni nella cura della persona o della vita domestica che dichiarano di aver bisogno di aiuto per svolgere tali attività
In totale sono circa 4,6 milioni gli anziani con moderate o gravi limitazioni nella cura della persona o della vita domestica che dichiarano di aver bisogno di aiuto per svolgere tali attività. Né l’invecchiamento può essere gestito soltanto con un approccio «sanitario», come aggiungono correttamente sempre i rappresentanti della Cisl locale quando evocano «bisogni diversi, sinora impensabili se non nascosti, quali la solitudine, la voglia di stare insieme, essere parte attiva e viva di un mondo che ci circonda». Quelle svolte dalla Fnp Cisl sono dunque riflessioni preziose per il dibattito pubblico, ma che non possono disgiungersi da un ragionamento più ampio: la migliore garanzia di un Paese che voglia invecchiare felicemente è una popolazione demograficamente equilibrata, con un numero di nuovi nati e di giovani consistente per nutrire tutta la società di sempre nuova creatività e capacità di fare. Sul sostegno alla natalità, in Italia, non dovrebbero esistere conflitti generazionali.
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