Intelligenza artificiale, le giuste domande

MONDO. Per alcuni è l’invenzione definita nella storia dell’umanità. L’Intelligenza artificiale muove denaro, stravolge mercati, avvia speculazioni pericolose, come pochi giorni fa con l’azzardo cinese di una piattaforma gratuita di Intelligenza artificiale che ha scombussolato le Borse di tutto il mondo, azione politica di disturbo in un tempo già di incertezza e di insicurezza.

L’Intelligenza artificiale e i suoi guru accompagnano in un mondo di iperboli e di esaltazione, una sorta di presente paradossale che sta cancellando tutto quanto c’era prima, ci fanno vivere in uno «strano palazzo della memoria», ha scritto Alessandro Aresu, tra i massimi esperti di guai delle macchine pensanti e delle loro ripercussioni sugli equilibri mondiali, che ha scritto da poco un libro sulla «Geopolitica dell’intelligenza artificiale» (Feltrinelli), nel tentativo di rendere tutti più consapevoli di opportunità e risorse scientifiche finora inimmaginabili, ma anche delle sfide che possono aprire scenari disastrosi.

Le tecnologie non sono neutre fin dall’invenzione della ruota. E tutte le tecnologie, anche le più sofisticate elaborazioni di Intelligenza artificiale alla fine sono stupide, cioè dimostrano grandi limiti nell’apprendimento, nelle potenzialità, nell’efficienza che solo l’uomo e il suo cervello sono in grado di individuare e di elaborare. Oggi si tende, in tutti i campi, a fare semplici cose complesse

Il documento della Congregazione della Dottrina della fede contribuisce alla riflessione. Invita a stare alla larga dai furbi con nomi e cognomi ben noti, che ritengono si possa controllare e indirizzare fino a sostituire l’intelligenza dell’uomo e intanto fanno esperimenti per alzare le quotazioni delle proprie azioni sui mercati mondiali. Il rischio è quello di costruire nuove colonie digitali sottomesse, se va bene, agli Stati più potenti o, come invece sta accadendo, a privati cittadini che controllano la nuova inquietante frontiera dell’evoluzionismo del miglioramento, quella in cui l’umanità sta entrando e dove lo spazio per l’«homo sapiens» rischia di essere ridotto a favore dell’«homo technologicus», dei suoi denari, del suo successo commerciale, del modo di intendere la politica, l’economia, la cultura e tutte le implicazioni e intenzionalità sociali. Tuttavia non bisogna spaventarsi, far finta di niente o dividersi tra eccessi di esaltazione o di condanna. Le tecnologie non sono neutre fin dall’invenzione della ruota. E tutte le tecnologie, anche le più sofisticate elaborazioni di Intelligenza artificiale alla fine sono stupide, cioè dimostrano grandi limiti nell’apprendimento, nelle potenzialità, nell’efficienza che solo l’uomo e il suo cervello sono in grado di individuare e di elaborare. Oggi si tende, in tutti i campi, a fare semplici cose complesse.

Le domande sugli algoritmi

Forse è sempre stato così, ma l’accelerazione sulle risorse che sembrano andare oltre il controllo umano ha virtuosamente fatto accelerare anche il dibattito filosofico e antropologico oltre che tecnologico sull’assertivo morale che l’uomo non può diventare schiavo delle macchine. Il documento della Dottrina della fede aiuta a cavarsela, ponendo le domande giuste sull’impiego dell’Intelligenza artificiale e sull’impatto in ogni campo, dall’informazione alla sanità, dal lavoro all’educazione, ma anche alla guerra e alla politica e alla coscienza, fino al problema capitale del suo impiego sulla base di algoritmi che generano rappresentazione modificate della realtà, tanto reali da essere vere, per «ingannare o danneggiare». Il documento della Santa Sede insomma illumina un’area di grande incertezza, in cui siamo insieme spettatori e attori, senza accorgersene, divisi nell’analisi tra apocalittici ed eccitati entusiasti, dove giocano una partita capitale personaggi e imprese ossessive e spesso in delirio e che si pongono, senza mediazione, come il movimento intellettuale e culturale della decisiva futura agenda della tecnopolitica. Ma è anche un’area di lotta cruciale per impedire quello che alcuni sognano: la rottura totale con il percorso della storia, memoria della spiritualità dell’uomo.

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