Infanzia e diritti
Troppe ombre

Molto è migliorato, almeno nei numeri globali. Ma, si sa, è nelle pieghe che si nasconde il diavolo. Così se a trent’anni dalla Convenzione dell’Onu sui diritti dell’infanzia il tasso di mortalità globale sotto i 5 anni è diminuito del 60 per cento e il numero di quelli che non vanno a scuola si è ridotto di dieci punti, restano in diverse aree del mondo condizioni molto critiche la cui responsabilità è tuttavia universale. Al primo posto c’è l’inquinamento e il problema dell’acqua potabile. E qui i passi in avanti sono pochissimi per cui si stima che un bambino su quattro tra vent’anni si ammalerà perché non avrà l’acqua pulita. Poi le guerre, ben più diffuse di quello che si crede.

È il conflitto mondiale a pezzi, denunciato con insistenza drammatica da Papa Francesco, a mettere a rischio la vita di un bambino su quattro, che vive dove si spara. Oggi 28 milioni di bambini hanno già perso la casa per le guerre e 75 milioni non possono più andare a scuola. Aumenta la depressione tra ragazzi e adolescenti. Dal giorno della firma della Convenzione per loro all’Onu, i disturbi mentali tra i minori sono schizzati alle stelle e oggi cyber-bullismo e abusi on line contribuiscono in maniera tragica all’aumento della depressione, fino a dover certificare come terza causa di morte per i ragazzi tra 15 e 19 anni gli atti di autolesionismo.

Altri problemi restano sotto traccia nella comprensione dell’opinione pubblica. Eppure sono altrettanto dolorosi. Tra essi la mancanza di documenti per coloro che nascono nelle zone più povere e nelle aree di conflitto.

L’Onu ha stimato che un quarto dei bambini nati in un qualsiasi giorno di questo anno, cioè circa 100 mila, non ha un certificato di nascita. Tra Siria e Iraq se ne contano già 30 mila senza documenti. Sono invisibili oltre che apolidi. E uno invisibile diventa più facilmente una preda. In questi 30 anni è aumentata la tratta dei bambini, il numero di coloro che finiscono nel mercato degli organi o bottino di pedofili seriali e organizzati. E poi ci sono quelli, stimati oggi in trenta milioni che emigrano, rischiano e spesso perdono la vita.

C’è un pianto straziante che l’infanzia a trent’anni dalla Convenzione continua a rovesciare sul mondo e sulla coscienza degli adulti. In troppe parti del mondo un bambino è ancora un peso, di cui ci si può disfare. L’anno scorso al Bambino Gesù, l’ospedale pediatrico più noto del mondo, di proprietà del Papa, hanno approvato una «Carta» per i diritti del bambino inguaribile, che non significa incurabile, dove si dice una cosa banale, ma non per questo tempo che va troppo di fretta e decide in punta di economia chi vive e chi muore: un bambino va accompagnato e mai abbandonato anche quando ha una malattia che non si può guarire. Ricordate le vicende di Alfie e di Charlie? Scartati, abbandonati da una sanità che misura le prestazioni e dimentica le relazioni. Ora c’è una «Carta» di diritti, ma sicuramente non basterà. Così come non sono bastati in questi 30 anni i 42 articoli della Convenzione dell’Onu. C’è un corpus giuridico ma non ancora un percorso lineare di progresso e di crescente consapevolezza della dignità dei bambini. Manca una riflessione collettiva onesta da parte di tutti. Basti un esempio: sulla pedofilia non c’è altra istituzione che ha fatto tanto in questi anni come la Chiesa cattolica. Ma pochissimi lo ammettono, lasciando alla libera attività predatoria molte aree dalla scuola allo sport alla sanità. La tutela dei bambini infine passa anche per il loro diritto a nascere nelle società più ricche, con politiche per la famiglia adeguate e non costruite attorno a slogan elettorali. In Italia le politiche per l’infanzia sono praticamente congelate. Della legge 194 si è dimenticata sempre la parte della prevenzione. L’ultima parola d’ordine nella ricerca del consenso è stata lanciata sugli asili nido gratis. Ottima idea, che tuttavia non vale nel 75 per cento dei casi, cioè dei bambini, perché manca l’offerta: gli asili semplicemente non ci sono. Anche la denatalità misura il grado di consapevolezza dei diritti dell’infanzia di un Paese. E l’Italia qui sprofonda: nei primi sei mesi di quest’anno siamo già sotto di 5 mila nati rispetto ai primi sei mesi dell’anno scorso.

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