In Bielorussia i migranti come arma ma non solo lì

Brutale, violento e sordo alle richieste del suo popolo, Aljaksandr Lukanko è l’unico dittatore al potere sul territorio europeo: 67 anni, presidente della Bielorussia dal 1994, confermato nel ruolo nel 2020 in un voto considerato truccato. Da quell’anno ha represso sistematicamente ogni opposizione, costringendo i suoi leader all’esilio. L’Ue lo ha così messo sotto sanzioni e il satrapo ha allestito una reazione cinica e diabolicamente studiata. Si serve di una dozzina di agenzie di viaggio, per lo più nella capitale Minsk, che pubblicizzano «la promettente rotta turistica dall’Iraq e da altri Paesi arabi». Fanno capo alla «Centrkurort», ente statale di promozione del turismo, che si occupa di fornire i visti. I voli che atterrano allo scalo internazionale di Minsk si sono moltiplicati, grazie all’aumento delle tratte dirette con Istanbul (Turchia), Erbil e Sulaymaniya (Kurdistan iracheno), Dubai (Emirati arabi uniti), Damasco (Siria) e Beirut (Libano).

Il pacchetto completo viene contrattato con trafficanti e tour operator compiacenti al prezzo di 10-15 mila euro a persona. Migliaia di iracheni, siriani, afghani, camerunensi e ghanesi sono stati truffati attraverso i visti turistici bielorussi concessi così facilmente, il volo per Minsk, le auto nere che li hanno attesi all’aeroporto e accompagnati negli alberghi, i furgoni che poi li hanno prelevati di notte con la promessa di portarli fin dentro l’Unione europea. E invece si sono ritrovati a dormire nei boschi, a otto gradi sotto zero, affamati, bloccati nella terra di mezzo lungo la frontiera chiusa. Non possono attraversarla, perché ci sono i gendarmi polacchi e una barriera di filo spinato, né tornare indietro perché c’è la polizia bielorussa. Sospesi e traditi. In pericolo di vita. Nelle scorse settimane una decina di afghani (tra i quali bambini) sono morti di freddo, mancando di ogni assistenza, che il regime di Minsk non fornisce.

Dura la reazione dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) e dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim): «Strumentalizzare migranti e rifugiati a fini politici - hanno denunciato nei giorni scorsi - è riprovevole, avvantaggiarsi della disperazione di queste persone promettendo loro soluzioni ingannevoli è inaccettabile». Ieri la situazione al confine è degenerata: centinaia di migranti hanno sfondato la barriera di filo spinato in due punti, la polizia polacca li ha respinti e arrestato una cinquantina di persone per aver attraversato illegalmente la frontiera. Molte le reazioni politiche al deteriorarsi della crisi, lasciata decantare per troppo tempo. L’Ue ha annunciato un nuovo pacchetto di sanzioni contro Minsk (il quinto) anche per traffico di immigrati, mentre il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha dichiarato che «è legalmente possibile finanziare infrastrutture per la protezione dei confini dell’Unione». La Commissione di Bruxelles invece rispose picche a 12 Stati Ue che qualche settimana fa avevano fatto richiesta in questo senso. Sulle migrazioni confusione e immobilismo regnano in Europa.

L’Unhcr e l’Oim chiedono ora una risoluzione urgente dell’Onu per la situazione alla frontiera e per un «immediato accesso» alle persone lasciate all’addiaccio e senza viveri «per garantire assistenza umanitaria, identificazione di quanti hanno bisogno di protezione e accesso alle procedure in Bielorussia per quanti vogliano chiedere asilo in quel Paese». Ma la situazione al confine è drammatica da settimane: perché finora non si è mosso nessuno? Ci voleva lo sfondamento della barriera? Lukanko conosce la psicologia sociale dell’Europa, l’opposizione di buona parte dell’opinione pubblica a nuove migrazioni, in particolare in un Paese a guida sovranista come la Polonia. Conosce la difficoltà di gestione dei flussi da parte dell’Unione e usa gli immigrati come un’arma. Ma non è l’unico. Finanziamo la Turchia del dittatore Recep Erdogan (tramite l’Ue) e la Libia da anni perché trattengano chi è diretto in Europa, fornendo a questi Stati una formidabile arma di ricatto: basta aprire il rubinetto delle partenze e alzare la posta, costringendoci a giocare al ribasso anche sulle richieste di rispetto dei diritti umani. Pensare di gestire le migrazioni cercando di fermarle sull’uscio di casa ed esternalizzando le frontiere è una pia illusione. E basta un Lukanko qualsiasi per mandare in crisi una (dis) Unione di 27 democrazie.

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