L'Editoriale
Lunedì 03 Febbraio 2020
Imprese aiutate
dall’antimafia
Lo sapevano bene i latini a cui si deve il famoso detto «pecunia non olet», affermazione piena di autoindulgenza immune da ogni remora etica e idealistica. Dallo slogan il passo si fa breve, ieri come oggi, nel ritenere che il denaro, quale che sia la sua più o meno lecita provenienza, porti comunque ricchezza e benessere alla collettività. Nelle regioni meridionali, ad esempio, se non ci fosse la criminalità organizzata la disoccupazione sarebbe più alta di almeno il 10%.
È consistente, infatti, la forza lavoro utilizzata dalle mafie non solo per le loro attività criminali, che necessitano di spacciatori, killer, guardie del corpo, ma anche per quelle apparentemente regolari. Queste ultime riguardano soprattutto la gestione dei rifiuti, di appalti e subappalti di vario tipo, di sale giochi, di ristoranti, di pizzerie, di centri commerciali e di società finanziarie che riciclano i proventi di attività illecite. Tali pseudo benefici socioeconomici, risultano ovviamente di gran lunga inferiori ai costi direttamente o indirettamente derivanti dalla presenza sul territorio delle varie organizzazioni criminali.
Lo afferma, apportando dati concreti, il professor Paolo Pinotti nella «Lectio inauguralis» della sua «Associate Professorship in Economic Analisis of Crime». Trattasi di una nuova cattedra dell’Università Bocconi, finanziata da un privato che ha scelto di rimanere anonimo. Pinotti analizza il caso della Puglia - considerata l’isola felice del Meridione d’Italia fino ad oltre la metà degli anni Settanta - che con «l’avvento della criminalità organizzata ha subito una riduzione tra il 15 e il 20% del Pil pro-capite regionale su un arco di 25-30 anni». Ciò a causa della crescita della corruzione, che ha comportato la conseguente «chiusura di imprese produttive sane e la sostituzione di investimenti privati con investimenti pubblici meno produttivi». Quello della Puglia non è un caso isolato. Un altro studio effettuato lo scorso anno da una squadra di docenti e ricercatori dell’Università di Padova, specialisti nell’analisi dei bilanci aziendali, ha misurato gli effetti economici negativi della presenza di imprese criminali anche nel Centro e nel Nord del Paese. Ne risultano enormemente compromesse non solo le imprese che vengono direttamente aggredite o taglieggiate, ma anche quelle non direttamente interessate da tali azioni criminali, intorno alle quali si creano situazioni d’illegalità e di concorrenza sleale. Nelle conclusioni il professor Antonio Parbonetti, pro-rettore dell’Università e responsabile del dipartimento di scienze economiche ed aziendali, afferma: «La massa dei dati che abbiamo raccolto ci ha permesso di quantificare gli effetti specifici di 10 anni di operazioni antimafia. Il risultato più evidente è che, quando arriva l’antimafia, le imprese sane respirano e il fatturato e la redditività aumentano tra il 10 e il 17%».
Lo studio ha individuato anche la presenza di 1.567 boss, condannati per mafia, infiltrati con imprese di vario tipo in regioni che fino a qualche tempo fa ci si illudeva fossero immuni dalla criminalità organizzata. È inoltre emerso che tra le imprese mafiose esaminate, circa il 60% riguarda imprese vere, con attività reali, profittevoli, spesso medio grandi, ben inserite nella struttura economica e sociale. Questa situazione non si sarebbe determinata se si fosse intervenuti prima che le loro attività si fossero consolidate. In qualche misura ciò non è stato possibile perché solo nel 2014, con la legge 186, è stato introdotto nel nostro ordinamento il delitto di «autoriciclaggio». La ratio della norma è proprio quella di evitare inquinamenti dell’economia legale punendo chi, in possesso di proventi derivanti da attività criminali, li «riammette direttamente in circolazione» effettuando investimenti di vario genere. Fino a quella data era punito solo il reato di «riciclaggio», che interessa chi si presta per ripulire i soldi di provenienza illecita nell’interesse di chi se li è procurati con varie attività illegali. Una misura legislativa, dunque, quella sull’autoriciclaggio, quanto mai opportuna, che se fosse stata varata con maggiore tempestività avrebbe fornito da tempo all’antimafia i mezzi necessari per contrastare l’enorme espansione delle attività economiche criminali.
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