L'Editoriale / Bergamo Città
Martedì 11 Agosto 2020
Imparare dagli errori
ricetta per i medici
Tutti gli esseri umani fanno errori, quindi anche i medici. Non se ne parla molto, ma esistono. Sono dovuti a vari fattori. Di fronte a un caso molto complesso può essere difficile orientarsi e si comincia comunque a far qualcosa che non sempre è la decisione giusta. Qualche volta si somministra un farmaco perché è un’abitudine e si tiene conto solo dei benefici, anziché pensare che esistono effetti tossici, anche se magari rari. Può essere che l’eccesso di lavoro non conceda tempo per lo studio e che quindi non si sia al corrente che esiste qualcosa di meglio.
L’errore può essere determinato dal fatto che l’informazione è solo di parte, cioè offerta da chi vende qualcosa, e manca invece una informazione indipendente che aiuti il medico a vedere anche l’altro lato della medaglia. Infine c’è la paura di essere condotto in giudizio, in tempi in cui molti avvocati sono pronti a sostenere l’accusa. In questo caso l’errore è di attuare la cosiddetta «medicina difensiva», cioè fare di tutto e di più per non essere accusati di aver trascurato qualcosa. Gli interventi senza alcuna base scientifica di questa pandemia sono un esempio di errori, dettati da buone intenzioni, che rimarranno probabilmente senza possibilità di correzioni.
Tutti gli errori volontari o involontari rimangono tuttavia nel silenzio; se ne parla il meno possibile per una maldestra difesa della categoria. Qualche volta gli Ordini dei Medici puniscono; ma in genere cercano di difendere i propri associati, tollerando perfino chi prescrive prodotti omeopatici o ayurvedici! Sarebbe molto più utile se si cambiasse l’approccio culturale e ci fosse una nuova tendenza a rendere invece palesi gli errori. Come? Anzitutto con spirito di servizio. Se rendo palese il mio errore, molti altri colleghi possono evitarlo ed io stesso, per il fatto di doverlo presentare, mi arricchisco di informazioni che altrimenti non avrei ottenuto. In secondo luogo deve essere garantito un completo anonimato, nel senso che deve essere difficile risalire al medico che ha compiuto l’errore, per evitare che qualcuno se ne approfitti. I rapporti riguardanti gli errori dovrebbero essere analizzati da un gruppo di studiosi, incaricato allo scopo dalla Federazione degli Ordini dei Medici. Questi esperti dovrebbero verificare che l’errore sia consistente e non banale, che abbia la possibilità di portare danno all’ammalato in tempi brevi o lunghi; gli esperti poi dovrebbero identificare quale sarebbe stato il trattamento più adeguato per quel particolare caso.
Dovrebbero essere registrati anche tutti i casi di errore che ricevono una condanna definitiva in tribunale. Infine si potrebbe anche realizzare una ricerca proattiva degli errori attraverso gli esami delle cartelle cliniche degli ospedali e dei medici del territorio. Tutti questi rapporti dovrebbero essere classificati e sistemati in una piattaforma digitale a cui i medici possano accedere attraverso parole chiave. Raggiunto un certo numero di casi, ogni mese si potrebbero riassumere gli errori più frequenti perché siano conosciuti dai medici. Non solo, ma per i casi più frequenti si potrebbe chiedere alle autorità competenti di sviluppare una informazione che chiarisca quali dovrebbero essere gli interventi ottimali. I medici dovrebbero essere i primi interessati a rimuovere gli errori dalla loro attività consultando in caso di dubbio la piattaforma. Analogamente i docenti delle facoltà di medicina dovrebbero essere assidui clienti della piattaforma per inserire nel loro insegnamento nozioni utili a far crescere i giovani medici con migliori cognizioni e soprattutto con l’idea che gli errori non sono un tabù da nascondere ma un’opportunità per evitarne altri.
Beate le professioni che traggono benefici dai loro errori!
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