L'Editoriale / Bergamo Città
Giovedì 18 Luglio 2019
Il welfare spontaneo delle famiglie più sole
E l’Italia è più povera
È davvero complicato essere mamma nell’Italia del 2019. Come hanno rilevato i dati resi noti dalla Cisl ieri, solo nel territorio di Bergamo 1.071 donne hanno dovuto rassegnare le dimissioni dal lavoro per accudire il bambino appena nato. A loro si aggiungono 354 papà che hanno dovuto fare lo stesso passo. Rispetto all’anno prima si tratta di un balzo del 7,7%. E se si guarda oltre Bergamo i numeri sono ancor più allarmanti: in Lombardia l’impennata di dimissioni è stata del 9,4%. In tutt’Italia si è passati da circa 39 mila a 49 mila, con un 73% di lavoratrici.
È un dato che da solo svela in quale stato di abbandono sia stata lasciata l’istituzione familiare in un Paese come l’Italia che nella famiglia ha sempre avuto la sua forza, non solo valoriale e sociale ma anche economica. Infatti quello che sta accadendo è frutto di un processo a catena che nel prossimo futuro potrebbe avere effetti ancor più destabilizzanti. Infatti tra le cause indicate da chi sceglie di dimettersi c’è l’assenza di un supporto famigliare, da parte dei parenti, nella custodia dei figli. Questo significa che l’erosione determinata dal calo delle nascite inizia a far sentire i suoi effetti: le famiglie con un numero sempre minore di componenti non riescono più a rispondere in modo mutualistico ai bisogni che le riguardano.
Quel tesoro prezioso, una vera forma di welfare spontaneo, rappresentato dai caregiver familiari inizia davvero a mostrare segni di affanno. E i numeri ci dicono che negli anni a venire le difficoltà sono destinate ad aumentare in migliaia di nuclei famigliari. «L’assenza di parenti di supporto», viene indicata come ragione delle dimissioni da parte del 27% degli intervistati dall’Ispettorato del lavoro. Una percentuale molto più alta rispetto a chi dice di non poter sostenere le spese di nido o baby sitter. Questo significa che una mamma (ma anche sempre più i papà) avverte un senso complessivo di isolamento e di solitudine e quindi preferisce stare a fianco del suo bambino piuttosto che delegarne la cura ad altri per la gran parte delle ore del giorno. È una scelta che costa sacrifici a chi la fa. Ma è una scelta che impoverisce un Paese come l’Italia che ha faticosamente conquistato livelli meno indecorosi di occupazione femminile (siamo al 52%) e che oggi si trova a fare tristemente un passo indietro. Nel nostro Paese le donne tra 20 e 49 anni senza figli lavorano nel 62,4% dei casi, contro una media europea del 77,2%. Tra le donne con un figlio, le italiane lavorano nel 57,8% dei casi, contro l’80,2% del Regno Unito, il 78,3% della Germania e il 74,6% della Francia (dati Openpolis 2019). Con due figli, la percentuale cala ulteriormente al 55,2%.
Ovviamente la risposta più immediata e più sensata che si può dare davanti a questi numeri è che in quei Paesi le donne possono contare su strutture affidabili, come gli asili nido, che permettono di conciliare lavoro e famiglia. È una risposta ineccepibile, che però non tiene conto di un fattore storico e culturale che in Italia conta ancora tantissimo: quello delle relazioni parentali, come relazioni insostituibili. Oggi ci si misura con questa progressiva desertificazione degli ambiti famigliari, che non può essere compensata dalla pur necessaria offerta di strutture di supporto. E davanti a questo vuoto in molti scelgono di offrire ai propri figli almeno la propria presenza. È una scelta umanamente comprensibilissima che testimonia la persistenza di una profonda e istintiva cultura della famiglia come legame, come reciproco supporto, come luogo vivo. Pur nella loro solitudine, le esperienze di queste mamme e di questi papà esprimono un grido inconsapevole: quello di poter avere più famiglia. Chissà se siamo ancora in tempo per raccogliere quel grido.
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