Il via libera prova
di realismo politico

E finalmente ce l’ ha fatta, il Governo, a varare il decreto che si aspettava da dopo Pasqua. Al termine di una trattativa travagliatissima tra i partiti e i ministri, l’ accordo tra Pd, Leu, 5 Stelle e renziani è arrivato in forza di una consapevolezza: gli italiani non avrebbero tollerato un giorno in più di ritardo dopo tanti annunci disattesi. È stata una prova di realismo politico che è costato più ai grillini che ai democratici, dal momento che le tante correnti che si agitano nel movimento ormai privo di una leadership riconosciuta, si erano impuntate sulla regolarizzazione dei lavoratori in nero nell’ agricoltura, lo stesso tema su cui Italia Viva aveva posto addirittura la condizione di permanenza al governo. Il M5S alla fine ha ceduto al compromesso che quella regolarizzazione autorizza.

Ha questo di strano la politica: stiamo discutendo di un decreto che porta spese (in deficit, ricordiamocelo sempre: sono debiti) per ben 55 miliardi di euro, cioè 110 mila miliardi di vecchie lire, l’ equivalente di una finanziaria e mezza, spese che sono destinate ad alleviare la crisi economica epocale che ci sta venendo addosso, e i partiti su cosa si azzuffano? Sui migranti in agricoltura che sono sì importanti per la raccolta della frutta e verdura di stagione (anche se molti a Sud hanno già risolto il problema con gli italiani che non si vedevano da anni e che invece, spinti dal bisogno, si sono presentati alle aziende agricole) ma non costituiscono ovviamente la parte più importante di una manovra così ampia e pesante. E invece la questione sollecitava la identità di grillini, scopriva il fianco della maggioranza alla propaganda leghista e di destra, dava la scusa a Renzi per cannoneggiare Palazzo Chigi. E quindi si sono persi tre giorni di contorsioni quando perdere una sola ora, in questa condizione, è delittuoso. Ma tant’ è.

Ora il decreto va in Gazzetta, è subito operativo e affronterà entro 60 giorni il Parlamento dove presumibilmente subirà l’ assalto dei gruppi parlamentari sia di maggioranza che di opposizione, motivo per cui sorgerà la consueta confusione normativa tra quello che è stato stabilito ora e quello che lo sarà dopo, a legge definitivamente approvata. Conte nella conferenza stampa si è reso conto che l’ accusa principale che viene portata al governo riguarda i ritardi con cui sono arrivati (o piuttosto non arrivati) i soldi previsti nei precedenti decreti. Ha rivendicato quel che è stato fatto ma ha promesso che sarà trovato il modo di riparare agli errori, per esempio hanno tolto alle Regioni, d’ accordo con gli stessi governatori, la competenza sulla gestione della cassa integrazione in deroga che torna all’ Inps nazionale. E speriamo bene dopo i ritardi regionali. Il presidente del Consiglio ha giurato che in poche ore, dopo la pubblicazione del decreto, gli autonomi riceveranno in automatico i 600 euro di sostegno che diventeranno mille a maggio.

E poi ha fatto l’ infinito elenco delle misure prese e che, cercando di tappare tutte le falle, finirà per prendersi l’ accusa di essere la classica distribuzione di soldi a pioggia. Vedremo per esempio come reagirà la Confindustria insieme alle altre associazioni datoriali al sostegno dato alle imprese per sostenerne la ripresa e il rilancio, e allo stesso tempo cosa diranno i rappresentanti dei settori più colpiti, soprattutto il commercio, la ristorazione e il turismo. Non basterà, naturalmente, e tutti invocheranno di più, ma c’ è modo e modo di lamentarsi e dipende da quello che si è riusciti ad ottenere. Il giudizio sulla manovra ovviamente lo si potrà dare tra qualche mese, e vedremo se sarà stata in grado di contenere i danni. Prima però verrà la questione dei soldi del Mes (36 miliardi) che i grillini, a differenza di tutti gli altri e d’ accordo con Salvini e Meloni, non vorrebbero chiedere all’ Europa. Prepariamoci a nuove contorsioni politiche.

© RIPRODUZIONE RISERVATA