«bergamo, oggi, rappresenta l’intera Italia, il cuore della Repubblica, che si inchina davanti alle migliaia di donne e di uomini uccisi da una malattia ancora in larga parte sconosciuta». L’omaggio di tutto il Paese alla comunità drammaticamente ferita arriva subito, poco dopo l’incipit, e il Capo dello Stato lo lancia con estrema chiarezza. Un discorso, il suo, non solo intenso e partecipato, ma saggio e per certi versi lungimirante. Sa bene, Sergio Mattarella, che in questa terra bagnata dal pianto non c’è soltanto il dolore, ma anche il risentimento di chi ha perso un familiare senza sapere nemmeno il perché. Ed è allora che spiega il valore del ricordo per cercare di sanare una ferita ancora aperta e sanguinante. Fare memoria, scandisce il Presidente della Repubblica, significa innanzitutto ricordare i nostri morti e avere sempre piena consapevolezza di quel che è accaduto, senza alcuna «tentazione illusoria» di dimenticare il passato e neppure di far cadere nell’oblio «ciò che non ha funzionato», tenendo così ben presente gli errori da non ripetere. Ma ricordare, significa anche «rammentare il valore di quanto di positivo si è manifestato. La straordinaria disponibilità e umanità di medici, infermieri, personale sanitario, pubblici amministratori, donne e uomini della protezione civile, militari, forze dell’ordine, volontari. Vanno ringraziati oggi e in futuro». Significa, in sostanza, restare uniti. Grazie, Presidente, per avercelo ricordato. Qui e ora. A Bergamo.
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