Il risiko delle banche
non si ferma

Il sistema creditizio si appresta ad affrontare un anno di grandi cambiamenti. Con l’Opa di Intesa San Paolo su Ubi Banca si è costituito un grande intermediario finanziario, primo in Italia e leader in Europa, che ha dato il la a molte altre potenziali novità. Unicredit è stata la prima a muoversi trattando l’acquisizione del Monte dei Paschi di Siena, la più antica banca italiana fondata nel febbraio del 1472. L’acquisizione-salvataggio fatta dal governo, che con 5,4 miliardi detiene oggi il 64% del capitale del gruppo toscano, è infatti vincolata alle disposizioni europee che ne avevano stabilito la sua uscita dal capitale già entro la fine dello scorso anno. Nonostante Montepaschi abbia chiuso l’ultima trimestrale con un utile netto di 388 milioni di euro, dimostrando di riuscire a stare commercialmente in piedi da sola, permangono gravi carenze sul piano patrimoniale.

Questo ha indotto i vertici di Unicredit a interrompere le trattative, vista l’indisponibilità del governo a sottoscrivere la sua quota parte di aumento patrimoniale per 8 miliardi di euro. La posizione di Unicredit potrebbe tuttavia cambiare se, proseguendo il risanamento gestionale della banca avviato dall’ad Guido Bastianini, si rendesse a breve possibile un aumento di capitale più contenuto. Oltre a quella del Mps vi sono altre situazioni aperte come quelle di Carige e Popolare di Bari, finite in affidamento alla mano pubblica o a consorzi privati di salvataggio che ne controllano la maggioranza del capitale. Sono in movimento anche Bper Banca e Banco Bpm, in merito ai quali si è più volte parlato per una possibile aggregazione, ogni volta smentita dai rispettivi ad Pier Luigi Montani e Giuseppe Castagna che si sono dichiarati convinti di poter crescere ciascuno con le proprie forze. In questa direzione si è già mossa Bper che, dopo avere ottenuto molti sportelli di Ubi Banca a seguito dell’acquisizione di quest’ultima da parte di Intesa, ha avanzato un’offerta per acquisire la maggioranza del capitale di Carige che è stata, in un primo momento, respinta. L’ad del gruppo assicurativo UnipolSai, che è il primo azionista di Bper, ha comunque ritenuto opportuno, dopo un interesse manifestato da Credit Agricol, di riprendere le trattative formulando una nuova offerta che è stata accolta dal Fondo di tutela dei depositi cui fa capo l’80% di Carige.

Molte le possibili novità anche nell’ambito delle banche popolari. La Popolare di Sondrio dopo la trasformazione in Spa, avvenuta lo scorso 29 dicembre avendo superato gli 8 miliardi di attivi previsti dal decreto Renzi del 2015, è infatti divenuta una possibile preda. Si parla già di un interesse da parte di UnipolSai, suo grande azionista. Di altre novità potrebbero rendersi protagoniste le restanti 19 popolari, i cui crediti deteriorati sono quasi il triplo della media del mercato tradizionale e le cui coperture sono inferiori alla media del mercato bancario. Come dimensione vanno dalla più grande, come la Banca Popolare della Valsabbina (6 miliardi di attivi), alla Popolare Mediterraneo (135 milioni di attivi) e tutte insieme raggiungono meno dei 40 miliardi di attivi della ex Popolare di Sondrio. Alcune di queste operazioni di concentrazione sarebbero senza dubbio opportune, ma la loro attuazione è resa complessa dal timore delle singole banche che, una volta superati gli 8 miliardi di attivi, si renda inevitabile la loro trasformazione in Spa. Per queste banche il decreto Renzi potrebbe presentarsi come una condanna a non crescere o a crescere limitatamente ed è quindi opportuno che sia al più presto rivisto.

Resta, infine, il mondo delle banche di credito cooperativo, che svolgono ancora oggi un ruolo assai prezioso in molti territori del Paese. Anche loro necessiterebbero di una complessiva riorganizzazione che desse vita a istituti più solidi sul piano patrimoniale. Spesso i primi contatti e le intenzioni di partenza sono buone e potrebbero generare soluzioni e accorpamenti molto interessanti, salvo poi naufragare quasi sempre negli abissi ciechi di personalismi e logiche di potere fini a sé stessi. È questo un atteggiamento che è prevalso troppo spesso in passato a tutti i livelli del nostro sistema bancario, ma che le drammatiche contingenze socioeconomiche del Paese rendono oggi, oltre che deplorevole, inammissibile..

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