Il rischio debito
che nessuno condivide

Si può anche pensare con Paolo Savona che i fondamentali dell’economia italiana siano buoni ed il debito pubblico italiano sostenibile.
L’ottantaduenne ministro per gli Affari europei ne è convinto e lo dice davanti alla platea del 33° Congresso dei giovani di Confindustria. Il differenziale tra buoni del tesoro italiani e tedeschi supera quota 300 punti, il debito é declassato ai livelli più bassi, ma per il governo «non c’è rischio di denominazione cioè di rifiuto dell’euro come denominazione del proprio debito». Restare nella moneta unica dunque è una certezza.

Quasi. Il tempo di tirare un respiro ed arriva il vero messaggio: a meno che «per motivi esterni alla volontà del Paese» non si voglia diversamente. Un Paese che è sicuro di sé non si mette in balia degli eventi. Basta infatti fare un viaggio all’estero o semplicemente dare una scorsa alla stampa internazionale per capire che la sibillina aggiunta del ministro è la semplice constatazione del momento: il pericolo è dietro l’ angolo. Valga per tutti la dichiarazione di Sebastian Kurz, attuale presidente di turno dell’ Unione Europea. Il capo di governo austriaco ha parole chiare, se l’Italia non rispetta le regole, «allora significa che l’Italia stessa si mette in pericolo e che conseguentemente mette in pericolo anche gli altri. Come Unione Europea non vogliamo farci carico per l’Italia di questo rischio, di questi debiti».

Si discute di economia ma il nocciolo è politico. Ed anche questa è una sorpresa. Perché il governo austriaco non ha amici particolarmente calorosi nell’ Unione Europea. La vicinanza ad ambienti nostalgico-populisti e soprattutto le sue rivendicazioni nazionaliste lo rendono inviso a Bruxelles. In Trentino Alto Adige ieri si è votato e sulle pagine dei giornali di lingua tedesca nei giorni scorsi troneggiava l’opportunità per i cittadini del Südtirol di avere il passaporto austriaco. Unica condizione: essere autoctoni, cioè di madre lingua tedesca. Come conciliare la sovranità territoriale italiana con le rivendicazioni «sovraniste» è uno dei tanti problemi dei nuovi movimenti populisti.

Un’Europa delle singole nazioni è la rivendicazione dei soli propri diritti nazionali. E va da sé che vince non chi fa la voce più grossa, ma chi ha maggiore peso politico. L’ Italia in questo momento ne ha pochissimo e lo testimonia il fatto che alla perentorietà di Kurz non uno dei restanti 26 ha alzato la testa a difesa della politica economica di Roma. Nemmeno gli amici sovranisti. Orban ha appena concluso con Angela Merkel un accordo elettorale per le Europee del 2019 e non apre bocca. Chi ha il coraggio di raccontare alla propria base elettorale che adesso oltre ai migranti anche all’Italia bisogna dare una mano. Cioè condividere il rischio del suo debito. Che è grande ed ha bisogno di altrettanta fiducia. Quella che gli concede il ministro Savona e che però non basta. Chi ha debiti espone la sua sovranitá agli altri. E deve avere quindi credibilità. Può averla un economista ma un governo che accusa amici e alleati, litiga senza un piano serio di investimenti da presentare che messaggio manda all’esterno? Come rassicurare chi deve finanziare la spesa sociale, gli stipendi di insegnanti, medici, pompieri, poliziotti , cioè in breve la struttura portante del Paese? Da qui il dubbio che si cerchi lo scontro per poi addossarne la colpa alla controparte. Le elezioni di maggio troneggiano negli orizzonti del governo. Un modo come un altro per imporsi a costo di far saltare la moneta unica. Illusione tremenda. È l’ Italia che è isolata. Brexit insegna. Gli inglesi contavano sulle divisioni degli Stati europei per far pagare all’ Unione i costi di «Britain first». Hanno trovato un muro.

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