L'Editoriale / Bergamo Città
Sabato 30 Maggio 2020
Il rilancio dell’Italia
dagli aiuti per l’Europa
Credo che quest’anno il commento alle considerazioni finali del Governatore della Banca d’Italia debba iniziare dagli elementi positivi: i punti di forza del nostro sistema che Visco ha voluto richiamare, forse anche come sprone ad affrontare gli impegni e le difficoltà che ci aspettano. È importante avere la consapevolezza che le infrastrutture di rete hanno tenuto, il sistema manifatturiero è flessibile e competitivo, il debito estero è pressoché nullo e la bilancia commerciale è positiva; la ricchezza delle famiglie è più alta che in Europa mentre il debito delle imprese e dei privati è inferiore alla media continentale. E ancora, il sistema finanziario affronta la sfida del post Covid partendo da basi molto più solide di quelle in cui si trovava al momento della crisi finanziaria globale. Troppe volte lamentiamo le pur numerose lacune e debolezze del nostro Paese e l’entità dello sforzo per il rilancio dell’economia e della società, così tante volte che rischiamo di perdere la fiducia nelle capacità di un sistema che possiede risorse, non solo economiche, invidiabili e invidiate da tanti concorrenti nel mondo.
Forti di questa rinnovata convinzione nelle nostre potenzialità, non ci nascondiamo quanto impervio sarà il cammino per il recupero. Quest’anno il Prodotto interno lordo calerà fra il 9 e il 13%, un’entità gigantesca se comparata con i tassi di crescita allo «zero virgola» cui eravamo abituati negli ultimi tempi. Certo, è prevedibile che il rimbalzo del 2021 consentirà di rimontare almeno della metà, ma quello che ancora mancherà sarà tantissimo. Perché purtroppo non sono solo freddi indicatori economici, ma sono posti di lavoro, sono imprese e negozi che chiudono, sono giovani che dovranno interrompere gli studi (si stima che l’anno prossimo le immatricolazioni universitarie caleranno del 20%), sono anziani che dovranno rinunciare a curarsi, sono famiglie che non andranno a fare una meritata vacanza al mare o ai monti.
Ecco perché serve una reazione forte, convinta, possibilmente coesa. Il Governatore indica alcune strade che, se non hanno il pregio della novità, godono certamente dell’autorevolezza della fonte. Investire in innovazione, che non è solo digitalizzazione e comunicazione a distanza; investire nell’ambiente e nelle strutture pubbliche, sanitarie, educative, dei trasporti e delle telecomunicazioni; ammodernare la struttura statale, a partire dalla giustizia e dal necessario sfoltimento della burocrazia. E soprattutto investire in ciò che sta a monte dell’innovazione: le competenze delle persone che operano nel sistema produttivo e che alla fine sono i veri protagonisti dell’innovazione. Con l’obiettivo di conseguire un aumento dell’1% all’anno della produttività, incremento che a sua volta è la premessa della crescita economica e della sostenibilità del debito pubblico.
Questo percorso non può non farsi insieme all’Europa. Anche qui Visco valorizza i due lati del rapporto, partendo da quanto noi diamo all’Europa, a tutti i suoi Paesi e non solo all’Unione Europea, e richiamando l’importanza che ha per noi il farne parte. Quando si dice che il 50% del nostro export è infraeuropeo, si dimostra che siamo connaturati a questo angolo del mondo e non possiamo prescinderne. Se poi, come qualcuno prefigura, la deglobalizzazione rilancerà l’importanza delle singole aree geografiche, diventa ancora più cruciale la dimensione continentale. In tutto ciò, la polemica sull’entità e sulla natura degli aiuti da Bruxelles si rivela sterile, perché la vera chiave del rilancio italiano è tutta nella penisola. A partire dalla capacità di mettere a frutto i contributi che, ormai è certo, prima o poi arriveranno.
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