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ITALIA. Forse non ha torto chi dice che, con l’opposizione che si trova nello stato in cui è, il governo Meloni può andare in crisi solo se litiga di brutto in casa. Motivi per litigare ce ne sono a iosa, naturalmente, anche se il centrodestra riesce sempre (o quasi) a cavarsene fuori in qualche modo.
Il risultato però della scarsa coesione delle forze politiche quando in Parlamento si vota sui temi più divisivi del momento, è che non è chiaro cosa l’Italia voglia fare: per spiegarsi con gli alleati stranieri serve sempre qualche telefonata esplicativa. Per esempio: cosa pensa l’Italia del piano presentato da Ursula von der Leyen per finanziare il riarmo dei Paesi partner di fronte ad una potenziale minaccia russa. Ora, come è noto la Lega è contraria al riarmo europeo: Salvini lo dice ogni giorno, ripetendo appena può, e come un ritornello dalla facile presa sull’elettorato, che i soldi dovrebbero essere spesi non per i carri armati ma per gli ospedali o le forze di polizia. Viceversa Forza Italia, in stretto collegamento con il Ppe e con la Csu tedesca, sostiene la proposta della presidente della Commissione. Quanto a Giorgia Meloni e a Fratelli d’Italia, di per sé sarebbe contraria ma non lo dice così chiaramente e nemmeno si sgola per dire di essere d’accordo. Dunque i tre partiti hanno scritto una mozione piena di giri di parole in cui quella fondamentale, e cioè: «riarmo», non compare anche una sola volta ma nello stesso tempo si dice che bisogna continuare nell’opera «di rafforzamento della capacità di sicurezza e difesa nazionale» sia in Ucraina che in Europa, sempre naturalmente auspicando che «continuino gli sforzi per la pace».
Un testo che, letto all’ambasciata americana alla vigilia della missione della premier negli Stati Uniti, deve aver lasciato parecchi margini di interpretazione e qualche interrogativo. In ogni caso il centrodestra è riuscito, con questa operazione, a mostrarsi compatto di fronte alla pubblica opinione e a far approvare senza alcuna defezione il proprio testo dalla Camera dei deputati: 144 sì, 105 no, 9 astenuti.
Tutt’altra musica nel campo dell’opposizione dove ognuno ha presentato una propria mozione: quindi sei testi firmati singolarmente dal Pd, M5S, Azione, Italia Viva, Verdi e Sinistra e Più Europa. Neanche ci hanno provato, i capigruppo, a mettere giù un documento unitario tanto sono diverse le posizioni. Il M5S ha la stessa opinione della Lega: no fermissimo al riarmo e sì agli ospedali e alle scuole. Renzi, Calenda e gli europeisti invece sono decisamente a favore di ogni iniziativa volta a difendere l’Ucraina e a rendere l’Europa al sicuro dalla minaccia dell’orso russo.
In mezzo a questi due estremi, il Pd - che ha al suo interno sia chi condivide la posizione dei grillini (l’ala di sinistra più radicale e più decisamente pacifista), sia chi invece la pensa come Calenda. Dunque in questo caso il testo è stato arzigogolato in maniera tale da non scontentare né gli uni né gli altri, e neanche gli alleati: il Pd infatti ha deciso di astenersi sulle mozioni degli altri partiti di opposizione, anche se sostengono tesi diametralmente opposte. Un tentativo di chiudere il cerchio che però non è riuscito del tutto, tanto è vero che tre parlamentari - l’ex ministro della Difesa Guerini, oggi presidente del Copasir, e due componenti della Commissione Esteri, Quartapelle e Madia - hanno orgogliosamente votato «no» alla mozione del M5S (criticandolo anche per l’iniziativa di un incontro al Senato con l’ambasciatore russo). Quanto alla segretaria del Pd, le cronache la davano a Roma e a Milano al Salone del Mobile «ad ascoltare la voce degli imprenditori».
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