L'Editoriale
Venerdì 25 Agosto 2023
Il potere a Mosca dopo il jet caduto
MONDO. Se qualcuno pensa che finirà qua si sbaglia di grosso: i «torbidi» in Russia sono solo all’inizio. L’uscita di scena di Yevghenij Prigozhin ribadisce soltanto nuovamente l’ovvio, ossia che la verticale del potere moscovita ha solo un uomo al comando. E diversamente non potrebbe essere, altrimenti tale sistema non funzionerebbe.
Tutti devono sapere che lo zar è uno solo. In questi ultimi due mesi - dal sollevamento dei mercenari della Wagner il 23 giugno scorso allo schianto del jet privato il 23 agosto – ci si è illusi che due poteri paralleli potessero coesistere in Russia senza pestarsi i piedi. Era stata data una parola per fermare la «marcia per la giustizia» dei «musicisti» alle porte di Mosca. Si era allora sull’orlo della «guerra civile», termine usato dal Cremlino in quelle ore febbrili, in cui già si contavano i morti «fra i fratelli» – 15 il totale finale. Si è concessa un’amnistia.
È andata diversamente. La coabitazione non ha funzionato. Prima Prigozhin - popolarissimo nelle terre di frontiera toccate dal conflitto e nelle «nuove regioni» ucraine – ha costretto il Cremlino ad ingaggiare una battaglia mediatica di opposte narrative, poi si è spinto a ricevere di persona in una sua villa i leader africani, giunti al vertice di San Pietroburgo.
«I traditori della Russia» sono i colpevoli della sciagura aerea – provocata «da un missile», scrivono i media vicini alla Wagner. Ma chi sono i «traditori della Russia»? Prigozhin aveva indicato nei generali e nel ministro della Difesa i responsabili delle mancate vittorie. Il 23 giugno aveva quindi aggiunto – senza fare nomi – i corrotti. Da qui la «marcia per la giustizia». E adesso, dopo la caduta del jet privato, è stato inserito qualche altro nome nella lista? Qualche nome eccellente?
Si può star certi che personaggi come Prigozhin - con un lungo passato nella criminalità - hanno degli eredi istruiti in anticipo a tenere viva la memoria dei grandi capi caduti. Ecco perché in Russia saranno in tanti a non dormire in futuro più sonni tranquilli. Non che prima i potenti non girassero senza scorte e non inviassero per questioni di sicurezza i propri familiari all’estero per vivere una vita normale.
Comunque sia, oggi - di nuovo - lo zar è solo uno. Questo è il messaggio recapitato alle litigiose élite e a chiunque abbia voglia di cambiamenti, mentre il Paese è sprofondato in una pesante crisi finanziaria e gli oligarchi vedono le proprie ricchezze assottigliarsi.
Esattamente a pochi mesi dalle «scontate» presidenziali di marzo 2024, le quali non saranno – come qualcuno (anche in qualche «stanza dei bottoni» moscovita) avrebbe potuto sperare – la via d’uscita dalla palude ucraina e dalle sanzioni occidentali.
Un’ipotesi da fantapolitica: ma cosa sarebbe successo se Prigozhin si fosse all’improvviso e inaspettatamente candidato alle presidenziali? Proprio lui che, agli occhi di un’opinione pubblica federale ubriacata da un decennio di patriottismo scalmanato, superava in argomenti vincenti la propaganda vicina al Cremlino? Altro che «effetto Trump» negli Stati Uniti!
Passando agli aspetti istituzionali, la Russia torna sotto il rigido controllo dei Servizi segreti (e affini), l’ex Kgb, che l’hanno gestita dalla primavera 2000. Non si muoverà più foglia se queste strutture della sicurezza non lo vorranno. I militari e i nazionalisti dissenzienti sono avvertiti; le opposizioni liberalo-riformiste sono invece già fuori gioco da tempo.
Il Cremlino ha fatto passare tra la gente l’idea che se la presente Amministrazione non vincerà la partita ucraina, la Russia rischierà il crollo o di scomparire come l’Urss nel 1991. Ma è davvero così? Secondo noi, no. In ballo c’è solo la sopravvivenza dell’attuale sistema federale. Si rischia oggi di scoperchiare il «vaso di Pandora» che è la Russia, Paese dalle mille bombe atomiche? Forse sì.
Un ultimo elemento: come dimostrano gli ultimi eventi, la battaglia in corso all’interno del Paese è senza regole, come nelle migliori tradizioni della lotta russa. Tale tattica, usata anche in passato all’estero, è un ulteriore avvertimento all’Occidente a prestare la massima attenzione alla propria linea in Ucraina.
© RIPRODUZIONE RISERVATA