L'Editoriale
Domenica 23 Settembre 2018
Il portavoce del premier
La gaffe e lo scontro
Capita che, quando gli interna corporis del potere diventano di dominio pubblico, se ne veda la volgarità, si tocchi con mano la cupidigia di dominio e di vendetta per chiunque crei ostacoli. I mille fuori-onda delle trasmissioni, i «sonori» rubati per caso o per calcolo, le telefonate intercettate e pubblicate hanno da tanto tempo svelato il lato oscuro di un mestiere, quello del potente, che un tempo si difendeva col culto del segreto, il silenzio, le parole ambigue e felpate. I democristiani ne avevano fatto un’arte: altri tempi.
Ora invece sono i tempi di Rocco Casalino la cui voce incisa su smartphone nella conversazione con un giornalista sta provocando scandalo e imbarazzo. Cosa dice l’ingegner Casalino, ex concorrente del Grande Fratello e oggi, assurto ai vertici della piramide grillina, promosso portavoce del presidente del Consiglio con tanto di ricco emolumento, a sua volta fonte di scandalo? Dice una cosa semplice: che chi non obbedisce al suo governo verrà spazzato via. E in concreto: se i tecnici del ministero dell’Economia, quelli che con reverenza noi siamo abituati a chiamare i «supertecnici», non troveranno «i dieci miliardi che ci servono» verranno fatti fuori da subito, già l’anno prossimo, e la «vendetta» sarà senza appello.
Secondo il portavoce di Palazzo Chigi i soldi per il reddito di cittadinanza ci sono, peccato che i tecnici li nascondano per mantenere tutto com’è e magari sabotare il «governo del cambiamento». In aggiunta, Casalino si lascia andare ad una considerazione vaga sul ministro del Tesoro Tria che apparirebbe quasi un ostaggio di quei funzionari, il principale dei quali è Daniele Franco, il Ragioniere generale dello Stato, in pratica il vero custode dei conti e della cassaforte della Repubblica.
Cosa c’è di nuovo nel discorso del giovane Rocco? Nulla. Si sapeva già tutto. Le minacce ai dirigenti di via XX Settembre erano già state pronunciate dal capo grillino in persona, Luigi Di Maio, il quale aveva esteso la reprimenda al ministro Tria in persona dal quale il vicepremier «pretende» che trovi quei dieci miliardi. Pretende, appunto. «Non sarà mica un Padoan qualunque» perbacco, concludeva Di Maio con poco rispetto per un signore che si è meritato la stima in tutto il mondo per la serietà, la competenza, la fermezza ma anche la flessibilità in cui ha saputo difendere le finanze dell’Italia. Quel «Padoan qualunque» era anche uno stimatissimo economista di livello internazionale, forse questo a Palazzo Chigi non lo sanno. Sanno invece che anche il professor Tria, essendo a sua volta un economista serio e responsabile, sta in realtà ripercorrendo proprio le orme del suo predecessore con il solo obiettivo di non far saltare la polveriera Italia, ormai uno dei principali fattori potenziali di una nuova crisi finanziaria mondiale. È per questo che Tria non è più sopportato dal M5S. Non potendo colpire lui – che se solo minacciasse di dimettersi lo spread balzerebbe a 500 punti in un solo giorno – si colpiscono i suoi collaboratori. Verso i quali il professore esprime ora, dopo le minacce scurrili di Casalino, tutta la proprio fiducia. Esattamente come fa il presidente del Consiglio Conte nei confronti del suo portavoce.
Viene solo un dubbio: forse l’audio di Casalino non è sfuggito al controllo, forse non è una involontaria gaffe del capo ufficio stampa, non è nemmeno il brutto scherzo di un giornalista. Viene il dubbio che la cosa sia stata fatta ad arte, che si doveva dare un messaggio chiaro ai burocrati e contemporaneamente indicare all’elettorato un colpevole: se non facciamo il reddito di cittadinanza, sappiatelo, non è colpa nostra che non riusciamo a mantenere le promesse, ma è colpa di un ministro pavido e di tutti quei plurilaureati raccomandati al servizio della «Casta» e di tutti i poteri occulti che «remano contro», tanto per citare un Grande.
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