Il populismo non muore ma il «gratis» costa caro

MONDO. Il tempo è poco, scade il 7 luglio, e il luogo è quello delle grandi svolte della storia, la Francia, ma non possiamo davvero compiacerci dei guai che riguardano i nostri cugini francesi. Passa da Parigi, anzi dal voto dell’immensa provincia francese, il futuro che riguarda l’Europa e molto da vicino l’Italia.

Occhio allo spread italiano, che già balla, ai risparmi delle famiglie, al debito e alle procedure di violazione delle regole finanziarie che l’Europa ha puntualmente avviato dopo il voto. Per capire cosa sta succedendo non ricorriamo, per favore, alle grandi categorie, De Gaulle e Petain, fascismo e antifascismo. In Francia non si vota su questo, nonostante le apparenze. La signora Le Pen, e il giovane futuro Primo ministro, hanno infatti un programma al quale è difficile dire di no. Non c’è più l’euro da abbandonare (vedi Meloni e Salvini), ma propone cose da sogno: tagliare le tasse a tutti e in particolare per l’Iva sull’energia (che già costa il 30% in meno che in Italia) e la benzina, esentare totalmente dalle imposte chi ha meno di 30 anni, niente contributi (10 miliardi) per le imprese che assumono, pensioni per tutti a 60 anni, e – boom – prestito a tasso zero di 100 mila euro per comprare la prima casa e nessun obbligo di restituire la somma se la famiglia ha tre figli. È un pezzo di quello che Le Pen proponeva come candidata presidente, costo 120 miliardi.

A sinistra lo squillo di trombe gioca ovviamente al rialzo, con un costo stimato di 280 miliardi. Ecco, dunque, la sesta settimana di ferie pagate, l’innalzamento a 1600 euro per legge del salario minimo, mensa gratuita nelle scuole, divieto di staccare la luce o il riscaldamento se non paghi. E così via.

Il 30 giugno tutti, insomma, al ristorante del gratuito, quello gestito da Giuseppe Conte, con menù alla carta, e visto che i sondaggi danno vincente la destra, viva la destra, e chi se ne importa di Petain. Ma soprattutto, belle le motivazioni lepeniste per trovare i miliardi per compensare i buchi: «lotta alle frodi» (meraviglioso), patriottismo per le aziende miste (problemi per Stellantis?) e ovviamente tagli ai sussidi per i migranti, compresi gli italiani regolari.

Insomma, il populismo non mai veramente sconfitto la cui apoteosi – temiamo – si vedrà negli Usa a novembre, sempre per la gioia di Putin, grande finanziatore di tutti coloro che indeboliscono l’Europa. Aveva cominciato la Grecia di Tzipras, ricordate, entusiasticamente sostenuto dalla sinistra «non sottomessa» italiana, con prestiti europei da «non» ripagare, e si erano subito viste le code ai bancomat per ritirare 50 euro per volta. Poi ci fu la Gran Bretagna di Farage, che prometteva risparmi di 350 milioni di sterline la settimana sulla sanità se si usciva dall’Europa, presto soppiantato dall’affabulatore Boris Johnson e poi da una leader conservatrice cacciata in una settimana per rischio bancarotta. Ora i conservatori scompariranno dalle urne e si è riaffacciato l’ex amico di Grillo, appunto Farage, con il solito imbroglio dell’exit. Poi è toccato alla Spagna, ma lì il colpo di coda l’hanno fatto i socialisti in rimonta, mentre in Italia dopo l’abolizione della povertà e Toninelli Ministro, ci siamo buttati a destra, con i nuovi sovranisti.

La cura della realtà alla fine funziona, ma a quale prezzo, e comunque non serve mai d’esempio. Perché lo spettro di un disastro di bilancio evocato dai competenti, non fa nessun effetto. Macron, come dice Prodi, è «antipatico» (vedi alla voce Renzi), parla in cattedra alla Sorbona e poco importa che sia uno dei pochi politici di qualità sulla scena, anzi è proprio la sua qualità che viene respinta. Gli elettori non sono stupidi e sanno bene che il Paese di Bengodi non esiste, ma perché non profittare del ristorante gratuito? Se poi il populismo fatalmente finisce e gli estremisti si «melonizzano» qualcosa resterà.

Dunque, occhio alla Francia. Se salta questo caposaldo, si va all’avventura e sarà un 2024 da incubo. Non dimentichiamo che in caso di crisi finanziaria, può intervenire in salvataggio la BCE, ma solo a condizione che non vi siano procedure di infrazione in corso. E Francia e Italia sono già alla sbarra.

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