Il patto Ue tace sui morti in mare

MONDO. L’Europa ha raggiunto un accordo sui cinque pilastri principali del nuovo Patto sui migranti e l’asilo. L’intesa è stata accolta con tripudio dalle sue istituzioni, il Parlamento, il Consiglio e la Commissione.

Il regolamento prevede un sistema di solidarietà obbligatoria dei Paesi sotto pressione migratoria. Gli Stati membri potranno scegliere se partecipare ai ricollocamenti dei richiedenti asilo nel loro territorio o versare contributi finanziari. Il testo stabilisce anche i criteri per la competenza nell’esame delle domande di protezione internazionale. Nuove regole sono state definite pure per l’accertamento dell’identità dei migranti con screening finalizzato alla raccolta di informazioni su nazionalità, età, impronte digitali e immagini del volto, dai sei anni in su.

Ogni Stato membro avrà in più un meccanismo di monitoraggio indipendente per garantire il rispetto dei diritti fondamentali. Inoltre il regolamento sulle procedure di asilo stabilisce una normativa comune per concedere e revocare la protezione internazionale in tempi più brevi. Un aspetto controverso riguarda le persone che non soddisfano le condizioni per entrare nell’Ue: saranno soggette a una procedura di screening pre ingresso che comprende l’identificazione, la raccolta di dati biometrici, controlli sanitari e di sicurezza per un massimo di sette giorni. Verranno comunque «prese in considerazione» le esigenze specifiche dei bambini. Il regolamento inoltre stabilisce una procedura comune in tutta l’Unione per concedere e revocare la protezione internazionale, sostituendo le diverse procedure nazionali. Il trattamento delle richieste di asilo dovrebbe essere più rapido: fino a sei mesi per una prima decisione. La riforma di Eurodac, la banca dati biometrica dell’Ue, mira poi a identificare in modo più efficace chi arriva nel territorio europeo, aggiungendo alle impronte digitali le immagini del volto, anche per i bambini.

L’accordo è stato bocciato dalle organizzazioni non governative che operano in mare con navi di soccorso. «L’esito dei negoziati legittima lo status quo alle frontiere esterne dell’Unione, in cui violenza e respingimenti sono pratiche quotidiane» sostengono in un comunicato congiunto le ong. L’intesa non prevede nulla per la prevenzione delle tragedie nel Mediterraneo. Sabato scorso l’ennesima, evitabile strage, con 61 «dispersi» nelle acque gelide (il termine tecnico che indica i morti che rimarranno tali fino a che non saranno ritrovati i corpi senza vita in mare). Il 2023 è stato un anno terribile: 2.550 vittime, uomini, donne e bambini risucchiati dalle onde lungo la rotta fra Libia, Tunisia, Italia e Malta. L’aumento in percentuale, secondo i dati dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni, sarebbe addirittura del 60%. «L’anno scorso - rileva il portavoce Flavio Di Giacomo - in 12 mesi i morti furono 1.417, un numero drammatico che purtroppo dimostra che non si fa abbastanza per salvare». «È inaccettabile che l’Ue scelga di proteggere i suoi confini piuttosto che la sopravvivenza delle persone» accusa Medici senza frontiere.

Nell’anno che sta per chiudersi nella parte centrale del «Mare Nostrum» sono morte otto persone al giorno, numero in continua crescita. «Chi soccorriamo nel Mediterraneo - segnala ancora Msf - porta i segni delle violenze addosso: arti spezzati, cicatrici e gravidanze indesiderate. E l’Europa cosa fa? Respinge, erige barriere, fa accordi con Paesi terzi, riporta indietro chi cerca di scappare da posti non sicuri. O più semplicemente si rifiuta di aiutare chi è in pericolo. Come Malta che ignora le richieste di aiuto. O come l’Italia che con le sue leggi ostacola il lavoro di ricerca e soccorso in mare delle organizzazioni non governative e ci assegna porti sempre più lontani. Quante altre persone devono morire prima che le cose cambino davvero?».

Nel loro rapporto annuale sulla Libia, Stato fragile con il quale l’Italia ha da tempo accordi di riammissione delle persone salvate nel Mediterraneo, le Nazioni Unite accusano le istituzioni di Tripoli di essere complici della deportazione di migranti e di profughi nei campi di prigionia clandestini. L’accordo sui cinque pilastri principali del Patto sull’asilo razionalizza il sistema e responsabilizza maggiormente i 27 Stati dell’Ue. Ma la civile Europa non dà ancora risposte su come evitare che il «Mare Nostrum» continui ad essere un cimitero di povere persone in fuga da guerre, persecuzioni e fame. Un silenzio grave.

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