Il nuovo
«Donizetti»
un simbolo
di ripartenza

Vestito di nuovo, il Donizetti riapre le porte al pubblico e si erge a simbolo della ripartenza, non solo culturale, di una città che sente forte il bisogno di guardare avanti e di tornare a sognare. La ristrutturazione del teatro ha un ruolo importante nel rilancio del centro piacentiniano. I cantieri sono in corso. Piazza Cavour e i suoi giardini, piazza Dante e il sottostante ex Diurno si preparano a nuova vita, poi sarà la volta dello spazio tra Palazzo Frizzoni e Palazzo Uffici, destinato a diventare un’area verde pedonale, via le auto in sosta e avanti con gli alberi. Avremo un Sentierone allargato, con il cuore pulsante rappresentato dal Donizetti.

Sembrano lontani anni luce i giorni in cui si poteva far festa in piazza, come avvenne nel 2015 con la riapertura, a lungo attesa, dell’Accademia Carrara. In migliaia, una sera di primavera, si ritrovarono davanti al museo per ammirare lo spettacolo di luci, musica e acrobazie, e poi, pazientemente, si misero in coda, per giorni, desiderosi di rivedere la pinacoteca e i suoi capolavori.

In tempo di Covid, di mascherine e distanziamento sociale, la festa inaugurale del Donizetti ha assunto necessariamente toni diversi. Un red carpet calcato da pochi intimi, una cerimonia a porte chiuse per le autorità e i donatori, quei bergamaschi che hanno dato un contributo in denaro fondamentale per il recupero dell’edificio, dimostrando quanto questo simbolo della cultura conti per la comunità. In teatro, da oggi e sino alla fine di giugno, entreremo in gruppo, pochi alla volta, solo se avremo prenotato il biglietto d’ingresso, ma questo non ci impedirà di goderci a pieno la bellezza e il significato del momento.

Tre anni di lavori ci riconsegnano un teatro splendente e moderno. Un restauro volutamente conservativo non l’ha stravolto ma reso più accogliente e funzionale, con un nuovo obiettivo: essere non più soltanto luogo di spettacolo ma di aggregazione, incontro, divulgazione. Uno spazio inclusivo - come si vorrebbe far diventare la nuova Gamec al Palazzetto dello sport -, attrattivo, in dialogo con la città e con i suoi abitanti, aperto tutto l’anno, compresi i caldi mesi estivi in cui diventava fornace e ora invece potrà accogliere visitatori anche in agosto. D’ora in avanti non saranno solo gli spettatori paganti a varcarne la soglia; porte aperte anche a giovani, turisti, associazioni. Andrà vissuto a pieno, e molto dipenderà dalle proposte e dalla capacità di tessere relazioni con le altre realtà culturali.

Una Ferrari non può essere tenuta in garage, deve correre in pista. Come i musei, oggi i teatri sono luoghi dinamici e propositivi, e il Donizetti non dovrà essere da meno. Le basi ci sono: una Fondazione attiva, tre direttori artistici che già si occupano con ottimi risultati delle stagioni di lirica, jazz e prosa, un pubblico appassionato e fedele, che non vede l’ora di riappropriarsi del «suo» Donizetti.

L’occasione giusta per testarne le potenzialità è dietro l’angolo: il 2023, l’anno in cui Bergamo e Brescia saranno insieme Capitale italiana della Cultura. Se è vero che, come vanno ripetendo i sindaci e gli assessori alla Cultura delle due città, il 2023 non sarà solo una vetrina per mettere in mostra le eccellenze culturali locali, ma dovrà essere un ponte verso il futuro, in grado di garantire risultati di lunga durata, resta il fatto che fra due anni i musei e i teatri di Brescia e Bergamo saranno sotto i riflettori e sarà doveroso approfittarne.

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