Il nuovo Re alle prese con i guasti economici

MONDO. Per gli appassionati, l’incoronazione di re Carlo III, arrivato sul trono all’età di 73 anni essendo figlio di una regina, Elisabetta II, che aveva impugnato lo scettro all’età di 25 anni nel 1952 per lasciarlo solo con la morte nel 2022, ha rispettato le tradizioni e le attese, e ha un poco sollevato gli animi degli inglesi.

Ieri l’evento centrale, oggi migliaia di feste di quartiere e il concertone con le star come Andrea Bocelli, Lionel Ritchie, i Take That e Katy Perry nel parco del castello di Windsor. Domani altro giorno festivo, per brindare al nuovo re con le ultime birre rimaste: è stato calcolato che alla fine ne saranno consumati 62 milioni di pinte. Per completare il quadro non è mancata una piccola manifestazione del gruppuscolo antimonarchico guidato da Graham Smith, subito fermato dalla polizia insieme con cinque seguaci.

C’era tutto, dunque, compreso qualche tono minore. Il corteo da Buckingham Palace all’abbazia di Westminster a bordo della carrozza reale, per esempio, è durato solo un’ora contro le tre dell’incoronazione materna. Gli ospiti erano 2.200 contro gli 8.200 della mamma, e tra loro non solo personaggi di sangue blu e politici importanti ma anche molti più anonimi esponenti delle ong e delle organizzazioni ecologiste e benefiche che il Carlo principe era solito frequentare. Per la solenne cerimonia, inoltre, il nuovo re ha deciso di «riciclare» la tunica e gli ornamenti del nonno Giorgio VI ma ha lasciato ai sudditi la possibilità di giurargli fedeltà anche dal salotto di casa, attraverso la Tv.

Tutto questo molto si confà alla personalità di Carlo III e forse anche a quella della sua sposa Camilla, che dopo anni di attesa e silenzio, ha gestito con una certa disinvoltura il momento della massima esposizione mediatica, culminata con la corona Queen Mary, sormontata dal famoso diamante Koh-i-Noor. Ma si confà anche al momento che sta attraversando il Regno Unito, tormentato da una delle crisi peggiori della sua storia, in qualche modo simboleggiata da uno degli ospiti di Carlo, il premier Rishi Sunak, arrivato a Downing Street nell’ottobre scorso dopo l’incredibile vicenda di Liz Truss, rimasta alla guida del governo per un mese dopo aver rischiato di dare il colpo di grazie all’economia inglese.

Economia che resta il tasto dolente della situazione. Ovviamente il primo pensiero di tutti, inglesi compresi, corre alla Brexit, al referendum del 2016 che portò all’uscita del Regno dall’Unione Europea nel gennaio del 2020. Secondo l’agenzia Bloomberg, aver abbracciato la Brexit costa al Regno Unito circa 100 miliardi di sterline l’anno. Altri economisti parlano di una contrazione dell’economia pari al 4%. Secondo la Banca d’Inghilterra, infine, il calo della produzione industriale causato dal rallentamento degli investimenti, a sua volta dovuto all’incertezza per il futuro, costa mille sterline l’anno a ogni singola famiglia. Per concludere, l’economia britannica è ancora sotto i livelli pre Covid, mentre tutti i Paesi della Ue sono decisamente sopra. Come sempre, quando le cose vanno male, nascono i rimpianti: l’86% dei giovani tra 18 e 25 anni vorrebbe tornare indietro, ma i nostalgici della Ue, dicono i sondaggi, sono maggioranza anche nelle altre classi d’età. Dati che non possono stupire, visto che 15 milioni di famiglie vivono appena al di sopra o sotto la soglia della povertà.

È chiaro che la Brexit non ha spalancato le porte del regno di Bengodi, come giuravano i promotori del referendum. Ed è anche chiaro che provvedere alle sue conseguenze ha distratto risorse importanti rispetto alle due grandi emergenze che si sono succedute, il Covid e la guerra in Ucraina, guerra energetica con la Russia compresa. Basti pensare che Boris Johnson cominciò la sua attività di capo del governo con l’inflazione al 2% e la concluse con l’inflazione al 10%. Gli osservatori più attenti, però, fanno risalire le attuali difficoltà alla crisi del 2008, che colpì il vero motore dell’economia britannica: il settore finanziario. A seguire, lunghi anni di investimenti stagnanti, produttività bassa e salari bloccati, un circolo vizioso da cui nessuno ha saputo uscire. Le recenti emergenze sono state una sorta di colpo di grazia. Dopo aver tanto atteso, è questo il regno cui Carlo III mostra ora lo scettro. La sua personalità si addice a un Paese che deve resistere e pazientare. Ed è possibile che i suoi amici delle Ong, che con i problemi sociali convivono ogni giorno, possano dargli qualche utile consiglio.

© RIPRODUZIONE RISERVATA