Il negazionismo
e il pensiero vero

Paul Valery affermava che la maggior parte di coloro che scrivono e pubblicano libri non ha propriamente nulla di nuovo da dire anche se desidera con tutta la propria forza dirlo. Emerge a questo livello uno dei tratti più inquietanti dell’essere umano, tratto che purtroppo non coinvolge solo quelli che scrivono e pubblicano libri. Gli uomini spesso parlano e scrivono non perché hanno qualcosa da dire, ma perché decidono di avere qualcosa da dire, fosse anche una strana idea o un’ipotesi del tutto inverosimile, proprio perché desiderano parlare e scrivere, perché anelano apparire.

È come se il desidero di parlare/scrivere, cioè di mettersi in mostra, prendesse il sopravvento su ciò che c’è da dire; in questo modo un tale desiderio tende ad offuscare la realtà che bisognerebbe invece riconoscere e comprendere. La più immediata e terribile conseguenza di una simile dinamica è che il pensare ed il credere, «strumenti» formidabili che accompagnano l’uomo nel suo tentativo di conoscere la realtà, si trasformano in ostacoli che impediscono tale conoscenza: invece di aprire essi finiscono per chiudere, invece di aiutare ad avvicinarsi alla realtà finiscono per difendersi da essa. In poche parole - ma a mio modesto avviso questo punto meriterebbe molte più parole ad un’articolatissima riflessione - il soggetto umano tende costantemente ad esaltarsi a tal punto del proprio pensiero e di ciò in cui crede da arrivare a confonderli con la realtà stessa che si tratta di conoscere. In parole ancora più povere, il proprio parere e il proprio credo si trasformano in quell’idolo che finisce per oscurare tutto ciò che non coincide con quel parere e con quel credo.

Per tentare di conoscere la realtà, dunque, l’uomo non può fare a meno del pensare e del credere, eppure quest’ultimi, laddove vengano idolatrati, finiscono per rendere impossibile proprio quella conoscenza che dovrebbero invece favorire: essi, infatti, vedono sempre e solo se stessi e mai ciò che è altro da sé. E così si arriva ad affermare, con una sicurezza e tranquillità che più che stupire in realtà intimoriscono, che la terra non è rotonda e che nel Novecento non c’è stato alcuno sterminio degli ebrei. Come è noto, non c’è maggior cieco di chi non vuole vedere, così come non c’è maggior sordo di chi non vuole ascoltare. Tali espressioni sono preziose perché hanno il coraggio di porre l’accento sulla volontà, su quel volere che insieme al pensare e al credere costituisce la «lente», ad un tempo formidabile e drammatica, attraverso la quale gli uomini si accostano a sé stessi, agli altri e alla realtà tutta. Non basta, dunque, avere un parere o una convinzione, e neppure avere un qualsiasi pensiero e una qualche fede, bisogna anche volere avere un autentico pensiero e una fede così seria da riuscire a rendere ragione di se stessa. Senza una chiara volontà di conoscere nessun pensiero e nessuna fede può aiutarci a conoscere.

Si parla spesso di «libertà di pensiero», è uno dei punti d’onore delle nostre società democratiche. A questa libertà fanno appello anche coloro che affermano che la terra non è rotonda, che non vi è stato alcun Olocausto, che i vaccini sono da evitare, che la pandemia è il frutto di un complotto dei poteri forti messo in atto per dominare il mondo. Bisogna difendere con forza il diritto di formulare simili pareri ma al tempo stesso bisogna anche affermare, con maggior forza e soprattutto per onestà intellettuale, che nessuna «libertà di pensiero» potrà mai garantire l’esistenza di un «pensiero»; è un’ovvietà che proprio i pareri ricordati confermano puntualmente: ci può essere «libertà di pensiero» senza che ci sia «pensiero», senza che le «verità» che si proclamano siano il frutto di un autentico pensiero. Infatti, a partire da che cosa i negazionisti negano? A partire dal loro parere, da ciò di cui sono convinti, da quello che hanno sentito dire, da un’evidenza che solo loro considerano tale? Mi sia permesso dire: a me sembra un po’ poco, soprattutto perché i milioni di morti della pandemia e i milioni di morti dell’Olocausto attendono qualcosa di più di una personale convinzione o di una brillante (sic!) teoria complottista.

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