Il martire ci ricorda
la domanda di essenziale

Sant’ Alessandro, 26 agosto. Una data e un nome che si collegano ancora nella mente di molti bergamaschi, certo non di tutti. Perché? Può darsi, semplicemente, perché posta a ridosso della settimana di Ferragosto che è, per eccellenza, la settimana delle ferie, la festa del patrono sposta un poco più in là conclusione del tempo di vacanza. Fino a cinquant’anni fa, l’arrivo alla Malpensata del circo e delle giostre in occasione della festa del 26 agosto, poteva essere, per chi abitava in città, un evento tanto significativo da impiantarsi nella memoria, quasi dimenticando la festa del patrono che era di fatto il motivo vero di un arrivo ludico del tutto eccezionale. Nell’ ultimo decennio una serie di iniziative costruite in sintonia fra l’Amministrazione comunale della città e gli Uffici diversi della Curia diocesana stanno dando volto ad un programma che vuol offrire spunti diversi per la festa del patrono, perché se ne colga il significato cristiano, ma anche culturale, artistico, storico.

Non è certo facile far convergere attenzione e riuscire addirittura a plasmare omogeneità di sentimenti in un tempo come il nostro che, sottolineando giustamente tutti i valori della soggettività, deve lavorare molto per stimolare poi iniziative condivise dai più, e non soltanto fruite. La sensazione che mi sono permesso di esternare, e che penso sia condivisa, per la verità non mi sgomenta. Per un motivo molto semplice. Se sfoglio il «Martyrologium Romanum» (il libro ufficiale delle Feste dei Santi di ogni giorno curato dalla Santa Sede) al 26 agosto trovo al quinto posto, in compagnia di altri 13 santi - alcuni dei quali sono descritti in modo sintetico ma ricco - una sola riga che recita: «Bergomi in Transpadana, sancti Alexandri, martyris» (A Bergamo in Lombardia S. Alessandro martire). Un luogo, un nome, una qualificazione: il martirio. Alessandro non vuole dire di più perché ha detto tutto di sé, con la modalità della sua morte, che è il motivo della sua vita. A volte si parla ironicamente di «silenzi assordanti».

Per Alessandro è il caso di dire che siamo davanti ad un silenzio eloquentissimo. «Sant’ Alessandro domina la storia di Bergamo, così come domina la città dall’alto della cupola del duomo e dal campanile di Pignolo. Ecclesia Sancti Alexandri era la Chiesa di Bergamo; homines Sancti Alexandri si chiamavano i bergamaschi, con significato di dedizione e di servizio al modo medievale» (così si esprime mons. Luigi Chiodi in «Terra di Bergamo», volume terzo, Bergamo 1969). Dunque una Chiesa e un popolo identificati con il loro patrono. Non perché una Chiesa bigotta, o un popolo bigotto. Piuttosto una Chiesa essenziale, un popolo essenziale. Provo a tornare nell’oggi, senza suggerire ricette, senza semplificazioni, spero senza banalità. Ciò che è capitato e non ha smesso di accadere continua a far pensare alle modalità di una ripresa che tenga conto di quanto avvenuto, che non cancelli con un colpo di spugna esperienze dolorose e per questo necessitanti di interiorizzazione, di sapienza per essere elaborate e non eliminate.

A noi, generazione adulto anziana, ai giovani a cui guardiamo con trepidazione, la festa di Sant’ Alessandro 2020 «sussurra» – se così si può dire – con eloquente silenzio la paziente ricerca dell’essenziale. Un «essenziale» che non è lontano da noi, ma è dentro di noi; è l’ascolto delle grandi domande della vita; è l’ascolto di incontri con persone e con eventi che ci provocano; è l’ascolto di una Parola che è nostra perché è umana, che è di Dio, perché è quella di Cristo, il Figlio che si è fatto umanità come noi. Per il giovane Alessandro il 26 agosto del 298 l’essenziale fu realizzato nel giocare la propria libertà fino a perdere la vita, per ritrovarla nella Vita in Cristo. Una provocazione anche per noi, valida anche oggi, perché chiedersi cosa valga la vita e cosa sia essenziale in essa è l’unico impegno che ci rende uomini.

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