Il lavoro che cambia e il bisogno di stranieri

ITALIA. Prima di parlare di lavoro a Bergamo, ricordiamo un dato fondamentale: il tasso di disoccupazione nella nostra provincia è al 2,9%. È un record per noi: non si ha memoria nelle serie storiche più recenti di un dato inferiore, seppur di poco, al 3%.

Ed è un record nel contesto nazionale: la disoccupazione da noi è meno della metà della media del Paese. Siamo ad un livello così basso, che gli esperti parlano di dato «frizionale», connaturato alle dinamiche del sistema economico e di fatto non eliminabile. Detto questo, guardare dentro ai numeri del rapporto periodico sul mercato del lavoro provinciale è sempre interessante per provare a capire come si muovono. Il lavoro cambia, lo dice l’esperienza e lo confermano i dati, relativi ad esempio a un aumento delle assunzioni di donne e di part-time. L’occupazione è in crescita da tre anni e le assunzioni in Bergamasca continuano ad essere molte di più delle cessazioni, anche nel primo semestre 2024.

Il settore servizi

A scandagliare tra i settori, emerge tuttavia un mercato a due velocità, anzi tre: cresce molto il terziario, che va dal commercio ai servizi per le imprese passando dalla ricettività turistica; cresce ancora l’edilizia, che dopo l’effetto Superbonus sta beneficiando delle opere finanziate dal Pnrr; arretra l’industria, che registra una decisa battuta d’arresto nelle assunzioni, meno 10% sull’anno precedente. Quest’ultimo aspetto chiaramente deve far riflettere. Non solo perché i segnali di rallentamento, a partire dalla Germania, fattore non indifferente per le nostre fabbriche, non possono essere sottovalutati. Ma anche, e forse soprattutto, perché non possiamo rassegnarci a una ritirata del manifatturiero, patrimonio di ricchezza e conoscenza tecnologica. Il tema è nazionale ed europeo e non a caso è uno dei pilastri del recente Rapporto di Mario Draghi sulla competitività dell’Unione: c’è da augurarsi che resti ben presente nelle agende politiche e, dalle prime notizie, è da salutare con favore il maxi investimento in Italia annunciato giusto ieri da Microsoft.

Sul piano economico, è dei giorni scorsi un altro dato significativo, pubblicato dalla Fondazione Leone Moressa: dagli immigrati deriva quasi il 9% del Pil italiano, con un saldo fra tasse e contributi versati e prestazioni di welfare ricevute che nel 2023 è stato positivo, cioè a favore dello Stato, per 1,2 miliardi

Le costruzioni

Quanto a terziario e costruzioni, va da sè che è un bene che i segnali siano positivi. Tuttavia, per l’edilizia sarà auspicabile un atterraggio morbido quando incentivi e finanziamenti pubblici esauriranno la loro corsa. Per i servizi, invece, vale la pena dare un occhio all’andamento delle cessazioni. Le dimissioni volontarie sono uno dei grandi fenomeni del post Covid: viaggiamo ancora attorno alle 22mila in sei mesi. Ma mentre nel manifatturiero calano in modo drastico, nel comparto alloggio e ristorazione, quindi grosso modo le attività legate al turismo, aumentano quasi del 30%, nel magazzinaggio e trasporto, ovvero la logistica, crescono qualcosa più del 20%: viene da chiedersi se ci sia in questi casi un tema di ricerca di condizioni migliori di lavoro, in termini economici ma anche di tempi di lavoro e di vita.

I contributi all’economia

Un’ultima considerazione, non marginale, riguarda il contributo dei lavoratori di origine straniera alla nostra economia. I contratti di assunzione che li riguardano sono più di un terzo del totale e sono aumentati quasi del 4%. Questo dato, aggiunto alla cronica carenza di personale che si registra da tempo in alcuni ambiti, conferma come una gestione attenta e non populista delle migrazioni possa rispondere anche a mere esigenze economiche, oltre che a ragioni umane, ovviamente prioritarie come ci ricordano i 30mila morti nel Mediterraneo in dieci anni. Sul piano economico, è dei giorni scorsi un altro dato significativo, pubblicato dalla Fondazione Leone Moressa: dagli immigrati deriva quasi il 9% del Pil italiano, con un saldo fra tasse e contributi versati e prestazioni di welfare ricevute che nel 2023 è stato positivo, cioè a favore dello Stato, per 1,2 miliardi. Giusto ieri il consiglio dei ministri ha approvato il decreto flussi, che prevede ancora click day di non brillante memoria: sarà da capire se i correttivi apportati sono, come sembra, solo palliativi, uniti a nuove misure che hanno l’aria di portare altri inasprimenti.

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