L'Editoriale
Lunedì 16 Maggio 2022
Il governo e la guerra, un sentiero stretto
L’editoriale Gli sviluppi negoziali del fronte in Ucraina stanno avendo un effetto spiazzante su Conte e Salvini, che fin qui si sono rincorsi e sovrapposti: difficile sostenere il sottinteso caricaturale delle loro critiche al governo di cui fanno parte, ossia che Draghi e i suoi abbiano messo l’elmetto o, peggio, che siano «servi sciocchi» degli americani.
L’attivazione del telefono rosso fra i ministri della Difesa americano e russo apre un varco diplomatico - su come, quando e in quali condizioni arrivare a un cessate il fuoco - e per la prima volta il confronto fra avversari, pur dall’inizio fragile, non avviene solo sul terreno bellico. L’iniziativa americana si manifesta in un contesto in movimento, dove la guerra sta cambiando fisionomia trasformandosi in un conflitto d’attrito e di logoramento: l’armata putiniana ha collezionato più sconfitte che successi, mentre gli ucraini, armati dagli occidentali, stanno guadagnando posizioni, si preparano alla controffensiva di giugno, ma sono in difficoltà nel Donbass. Spetta ai rapporti di forza sul terreno determinare i margini di manovra dei negoziati.
. La ripresa delle comunicazioni Usa-Russia ricompatta il fronte occidentale ed è anche l’esito del «concerto europeo»
Da parte americana c’è un cambio di passo: pare smantellare lo schema a senso unico che voleva la destabilizzazione del regime di Mosca o l’indebolimento di Putin. All’indomani della visita di Draghi a Washington e nella fase in cui la Nato si allarga con la richiesta di adesione della Finlandia e domani della Svezia, subita malissimo da Mosca, sta prendendo corpo quella «riflessione comune» sollecitata dal premier italiano. La ripresa delle comunicazioni Usa-Russia ricompatta il fronte occidentale ed è anche l’esito del «concerto europeo», quella esplorazione diplomatica concordata fra Italia, Francia e Germania, là dove Europa e Nato a trazione angloamericana hanno una strategia comune ma non sempre tutti gli interessi sono coincidenti. La sostanza, il sostegno armato alla resistenza ucraina, non cambia, tuttavia c’è un altro approccio.
Per l’Europa l’obiettivo è far fallire l’offensiva di Putin contro la democrazia e costruire una soluzione diplomatica che consolidi questo risultato nell’affermazione geopolitica dell’Occidente
Come recita la formula di Draghi, bisogna lavorare per la pace da europei, ma nel quadro della lealtà atlantica. Per l’Europa l’obiettivo è far fallire l’offensiva di Putin contro la democrazia e costruire una soluzione diplomatica che consolidi questo risultato nell’affermazione geopolitica dell’Occidente. Stanno mutando le coordinate e per certi aspetti Salvini è stato costretto a prenderne atto: quando sostiene come farina del suo sacco che serve un’iniziativa europea di Italia, Francia e Germania, si limita a prender nota di un’architettura già messa in piedi da quegli ambienti a lui distanti. Il capo leghista s’è dato una tregua lampo nella contestazione della linea draghiana e, fatto significativo, ha preso le distanze dal suo compagno di strada, Conte. Il quale, invece, martella il quartier generale sapendo che non avrà quel che chiede: il terzo decreto per inviare le armi all’Ucraina non ha bisogno di passare dal Parlamento e quindi Draghi giovedì ne riferirà in Aula, senza alcun voto.
Accettare l’idea di una nuova cornice attorno ai fatti d’armi, diversa da quella narrata in certi talk show, significa sconfessare una linea strumentale e per partito preso che, invece di far maturare il Movimento, lo riporta alle origini conflittuali
Il sentiero è stretto per il premier e anche per Conte, recluso nei piccoli spazi dei penultimatum che non possono diventare ultimatum veri e propri: oltre una certa soglia non verrebbe seguito da una parte dei parlamentari grillini e il suo dissenso, attento ai sondaggi e al prossimo voto, è sospettabile di una resa dei conti di altra natura. Accettare l’idea di una nuova cornice attorno ai fatti d’armi, diversa da quella narrata in certi talk show, significa sconfessare una linea strumentale e per partito preso che, invece di far maturare il Movimento, lo riporta alle origini conflittuali come se il disordine mondiale non avesse conosciuto gli spartiacque traumatici del nostro tempo. La campanella suona anche per i ritardatari.
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