Il generale e il sorpasso a destra della Lega

POLITICA. Matteo Salvini cerca il sorpasso a destra del centrodestra e lo fa premendo sull’acceleratore delle alleanze europee. Il leader leghista cerca di approfittare del momento comunque delicato di Forza Italia, orfano del suo padre-padrone Silvio Berlusconi, per riequilibrare i rapporti interni alla coalizione e tentare l’assalto alla (salda) leadership di Giorgia Meloni e di Fratelli d’Italia.

In realtà gli azzurri sembrano aver superato con una certa qual brillantezza il momento difficile conseguente alla scomparsa del loro leader, al punto tale da aver già detto no all’ipotesi di un’alleanza in chiave europea con (tra gli altri) i tedeschi di Afd e Marine Le Pen, ovvero quell’ultradestra che ieri si è riunita a Firenze per mettere a punto quella che qualcuno ha già battezzato «internazionale nera». Ma più che un’ipotesi questa pare «la» strategia del leader leghista, passato in questi anni con estrema disinvoltura dal miraggio secessionista a quello di un partito nazionale e nazionalista che ha come prospettiva quasi conseguente un approdo nell’ultradestra antieuropea. Quella che anche ieri ha (ri)proposto temi caldi come la lotta all’immigrazione, alle banche, «alla burocrazia massonica». Temi di facile consumo e anche presa in un’Europa comunque alle prese con tanti, troppi, problemi economici e sociali.

Temi che non dispiacciono nemmeno a Fratelli d’Italia, semmai perplessa (per noi dire apertamente contraria) su alcuni possibili compagni di viaggio di Salvini, giudicati poco presentabili, a cominciare da qualcuno presente ieri sul palco a Firenze, dove non si sono però visti né la Le Pen né l’olandese Wilders, fresco di vittoria in Olanda: entrambi hanno comunque contribuito con un video al progetto di «liberazione dell’Europa» lanciato dal leader leghista.

Un disegno che dal punto di vista strategico rischia paradossalmente di spaccare il centrodestra italiano, con Tajani fermo nell’adesione di Forza Italia al Ppe e Salvini che velatamente (nemmeno tanto) lo addita come possibile responsabile di un nuovo inciucio in chiave europea tra popolari e socialisti. E attenzione, la partita degli equilibri del (e nel) centrodestra nella prossima tornata elettorale si gioca sì sul piano europeo ma anche su quello squisitamente amministrativo e quindi locale dove Fratelli d’Italia dovrà dimostrare che alle percentuali indiscutibilmente alte di consenso corrisponda anche una classe dirigente di livello e radicata. Quella che, per capirci, Lega e Forza Italia hanno comunque da tempo in un quadro che storicamente ha visto i meloniani terza forza della coalizione, almeno fino alle scorse Politiche. E anche questa è una partita nella partita.

Per giocarla con più chance la Lega nei giorni scorsi (e pure in quelli immediatamente successivi all’uscita del suo discusso libro) ha strizzato l’occhio al generale Roberto Vannacci, vaticinando una possibile candidatura alle prossime Europee che il diretto interessato non ha escluso a priori. Ieri però è arrivata la notizia della sua nomina a Capo di stato maggiore del Comando delle forze operative, decisamente inattesa dopo le polemiche sul suo libro, applaudita via X (fu Twitter) da Salvini medesimo a confermare una vicinanza alle tesi del generale e a una certa qual immagine di «uomo forte» che tanto piace alla destra. Soprattutto nei confronti altrui. Una nomina che qualche imbarazzo l’ha creato al ministro della Difesa Guido Crosetto, che non aveva lesinato critiche a Vannacci, e probabilmente anche in parte del centrodestra. Ma non nella Lega di Salvini che per riconquistare la leadership interna alla coalizione pare intenzionata a giocare ogni carta possibile sul terreno di un populismo che le è proprio da sempre, e se necessario a guardare ancora più a destra.

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