Il dolore
dei migranti
Solo il Papa
s’indigna

Fa quello che nessuno ormai fa più. Riassume, ricapitola e denuncia con il dolore negli occhi. Papa Francesco non intende affatto dimenticare. Ma è l’unico che insiste. Per gli altri i migranti e il loro dramma è tornato ad essere invisibile, dopo le fiammate di cronaca dei giorni scorsi lungo le foreste polacche, sulla riva della Manica, nel Mediterraneo dove si continua a morire affogati e dove le navi delle ong faticano, come sempre, a trovare un porto sicuro, costrette per lunghi giorni a ballare sul mare con un carico di sofferenti e spesso di cadaveri chiusi nei sacchi arancioni.

Bergoglio nel primo Angelus di Avvento per lunghi minuti cuce la geografia della sofferenza che intrappola e schianta donne e uomini e tanti bambini. E lo dice, unico leader al mondo che l’assume su di sé: «Sento dolore, tanto dolore». Non c’è luogo sicuro sulle frontiere da Nord ad Est a Sud. La fortezza Europa mostra il suo volto peggiore con la scusa di proteggere confini. Nella trappola dei fili spinati e nelle onde alte e gelide finiscono bambini e ci muoiono, morti e ancora morti. Il Papa ricorda, riepiloga la cronaca: quelli morti nel Canale della Manica, quelli al confine con la Bielorussia, quelli che annegano nel Mediterraneo, quelli rimpatriati in Nord Africa, catturati dai trafficanti che in Libia sono quegli stessi che prima promettono in cambio di denari le traversate e poi li catturano di nuovo con le motovedette della Guardia costiera e li riportano indietro, moderni schiavisti che vendono le donne e torturano gli uomini.

Così chi cerca una terra promessa trova uno tomba. Francesco svela il tragico gioco delle parti ormai diventato un sistema, migranti usati come arma ibrida di ricatto, vittime di guerra trasformate nei nemici di un’Europa e dei suoi governi nazionali che vogliono solo difendersi. C’è chi lo fa con l’indifferenza e chi lo fa con i soldati e le armi puntate. La Francia, che prima li intrappolava in campi spaventosi dalle parti di Calais, adesso li lascia partire verso la terra promessa della Gran Bretagna su navigli precari, canoe di plastica, che si comprano a due soldi negli store dello sport. Lo hanno attraversato in 22mila il canale dall’inizio dell’anno. I naufragi non si contano e quasi seimila persone sono state salvate prima di affogare, altri sono morti, gli ultimi 31 pochi giorni fa. Chi s’indigna? Nessuno, solo il Papa. La tragedia tra Polonia e Bielorussia è già sparita dagli schermi, ma i migranti continuano a soffrire al freddo intrappolati tra due eserciti in una no man’s land dove neppure le organizzazioni umanitarie possono entrare.

A Sud nel Mediterraneo non cambia nulla, ma si devono registrare 26mila persone intercettate e riportate indietro dalla Guardia costiera libica, record assoluto, verso i campi che solo il Papa, poche settimane fa aveva osato chiamare con il nome proprio: lager. L’appello di Bergoglio resta uno solo: comprensione e dialogo per trovare una soluzione politica e mettersi al riparo dei ricatti politici. Ma intanto bisogna «fare», cioè aiutare, denunciare, non stare in silenzio. L’indifferenza uccide e autorizza la militarizzazione delle frontiere.

Francesco giovedì andrà a Cipro, poi ad Atene e ancora sull’isola di Lesbo. Il tema dei migranti caratterizzerà il viaggio, che si trasformerà in corridoio umanitario. Da Cipro partiranno, probabilmente con il volo di rientro di Ita dopo aver portato il Papa a Larnaka, una cinquantina di profughi. La stessa cosa farà da Lesbo. Purtroppo finora non ha trovato molti alleati per rovesciare i modelli di approccio alle migrazioni fin qui attuati da leadership indifferenti e alla prova dei fatti criminali.

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