L'Editoriale
Martedì 09 Marzo 2021
Il discorso
di un leader
che pensa
al Paese
«Buon lavoro». Per analizzare il primo discorso del capo del governo Mario Draghi agli italiani conviene partire dal congedo. Dice tutto su quel che ci attende nei prossimi giorni, mesi, forse anni. Lavoro. Nel senso di impegno misto a sangue, sudore e lacrime. L’impegno di rimboccarsi le maniche a contribuire alla rinascita di un’Italia devastata dalla pandemia, di partecipare come «cittadinanza attiva» alla ricostruzione del Paese. Ormai stiamo imparando a conoscere il suo modo di comunicare.
Attraverso brevi video, rivolgendosi con discorsi austeri ma essenziali, mai a braccio (caratteristica dell’uomo, ben prima di Palazzo Chigi). Nel giorno in cui si raggiunge la terribile soglia dei 100 mila morti, il premier ha il volto teso. Sta in piedi, quasi sull’attenti. Legge un testo ponderato, meditato, per dirci che «ci troviamo tutti di fronte, in questi giorni, a un nuovo peggioramento dell’emergenza sanitaria». È il primo messaggio forte del suo intervento. Ci aspettano tempi terribili, la terza ondata è un dato di fatto. Ma subito dopo ci indica la luce in fondo al tunnel. È il secondo messaggio. La pandemia non è ancora sconfitta «ma si intravede, con l’accelerazione del piano dei vaccini, una via d’uscita non lontana».
La linea dura del governo nella campagna delle vaccinazioni, con la nomina di un generale degli Alpini come commissario straordinario, un nuovo capo della protezione civile e il blocco delle scorte di AstraZeneca in partenza dell’Italia seguono nei fatti quanto detto alla presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen, troppo morbida con le multinazionali del farmaco. Sfioriscono le «primule» e il clima da Expo dei centri vaccinali, i gazebo bianchi mai partiti e si praticano a tappeto le immunizzazioni ovunque si possa, come in guerra, dagli hangar agli automezzi, dalle palestre alle scuole, con l’esercito e 300 mila volontari. Ringrazia tutti Draghi. Le famiglie, gli studenti, le forze dell’ordine, l’esercito, la protezione civile, i lavoratori che rischiano il posto, li ringrazia per l’impegno e l’«infinita pazienza», specie «coloro che soffrono le conseguenze anche economiche della pandemia». Siamo solo all’inizio, dice. «Il nostro compito è quello di salvaguardare con ogni mezzo la vita degli italiani e permettere al più presto un ritorno alla normalità». Ogni vita conta, sottolinea. E dunque è necessario «non perdere un attimo, non lasciare nulla di intentato, compiere scelte meditate, ma rapide. Non voglio promettere nulla che non sia veramente realizzabile. Le mie preoccupazioni sono le vostre preoccupazioni. Il mio pensiero costante è diretto a rendere efficace ed efficiente l’azione dell’esecutivo nel tutelare la salute, sostenere chi è in difficoltà, favorire la ripresa economica, accelerare le riforme».
Il terzo messaggio è rivolto alle donne, in occasione della loro festa. È un’esposizione lunga, che svela un punto centrale del programma: l’eguaglianza di genere. Certo, le sue parole stridono con la composizione del governo, che ha poche ministre. Draghi comunque parla di «mobilitazione delle energie femminili» per costruire il futuro. Il quarto messaggio è la visione dell’avvenire del Paese, oltre l’emergenza. Riguarda la ricostruzione, ma anche le famiglie. Gli strumenti da impiegare sono vari, «penso tra gli altri ai congedi parentali, penso al numero dei posti negli asili nido che ci vede inferiori agli obbiettivi europei, e sulla loro distribuzione territoriale che va resa ben più equa di quanto non sia oggi».
È il discorso di un leader, asciutto, di una durezza quasi implacabile, concreto, di chi non nasconde i problemi, certamente meno tranquillizzante dello stile comunicativo del predecessore Giuseppe Conte. Un discorso cui non eravamo abituati da molto tempo.
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