Il diritto calpestato contro Unifil e non solo

MONDO. Quattro attacchi israeliani in tre giorni contro la missione Unifil nel Sud del Libano, due dei quali contro basi presidiate dai soldati italiani. Quattro caschi blu feriti. Installazioni Onu danneggiate dai mezzi corazzati di Israele.

E Andrea Tenenti, il portavoce di Unifil, che dichiara: «La situazione è chiara: se nei mesi passati ci sono stati scontri, in questo caso sembrano attacchi voluti e deliberati contro l’Unifil da parte dell’Idf, l’esercito israeliano. Noi... continueremo a rimanere qui. Perché siamo qui con un mandato del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, e non è pensabile che un membro dell’Onu possa prevalere sul Consiglio stesso. Attaccare una missione di pace è una violazione chiara del diritto internazionale e umanitario». Reazioni? Silenzio dai politici Usa, che a poche settimane dalle elezioni tutto si sognano tranne che mettersi di traverso a Israele. La sonnacchiosa Europa ha mandato avanti un portavoce per dire che le bombe di Israele violano il diritto internazionale e quello umanitario. Unica presa di posizione precisa e decisa quella del nostro ministro della Difesa, Guido Crosetto, che ha parlato di «crimine di guerra».

«Crimine di guerra»

Ora, se c’è un crimine di guerra c’è anche un criminale di guerra, ovvero il premier israeliano Benjamin Netanyahu, che ordina e dirige queste operazioni. E non sembri un’enormità dirlo, visto che proprio questo è il parere di Karim Kan, procuratore della Corte penale internazionale dell’Aja che infatti, proprio ipotizzando i crimini di guerra, ha chiesto l’emissione di mandati di cattura a carico di Netanyahu e del suo ministro della Difesa Yoav Gallant per quanto riguarda Israele, e a carico di Yahya Sinwar e degli ora defunti Mohammed Deif e Ismail Haniyeh per Hamas. Ma d’altra parte, se Netanyahu davvero pensa che l’Onu sia «una palude di antisemiti», come ha detto all’Assemblea generale dell’Onu pochi giorni fa, perché non dovrebbe far sparare sui caschi blu?

Non ci sono molte ragioni per sperare che la cosiddetta «comunità internazionale» apra gli occhi sulla follia che è stata dare carta bianca non a Israele ma all’Israele di Netanyahu, con un Governo per metà formato da esponenti di movimenti che sono stati a lungo banditi dallo stesso sistema politico e giudiziario israeliano

Non ci sono molte ragioni per sperare che la cosiddetta «comunità internazionale» apra gli occhi sulla follia che è stata dare carta bianca non a Israele ma all’Israele di Netanyahu, con un Governo per metà formato da esponenti di movimenti che sono stati a lungo banditi dallo stesso sistema politico e giudiziario israeliano. Quando i portavoce (perché i commissari non si sprecano per queste minuzie) dell’Unione Europea parlano di violazione del diritto umanitario e internazionale per i quattro soldati Unifil feriti dagli israeliani, non si sa se ridere o piangere. Dov’era questa gente mentre, nell’ultimo anno, le truppe dello Stato ebraico sterminavano 42mila (nella migliore delle ipotesi) civili palestinesi della Striscia di Gaza? O mentre soldati e coloni di Israele uccidevano 800 palestinesi in Cisgiordania? O mentre morivano duemila libanesi? In quei casi, dobbiamo dedurre, il diritto umanitario e internazionale non soffrivano, non venivano violati.

Il diritto a difendersi

Impossibile non capire che il «diritto a difendersi», che nessuno contesta a Israele, è per Netanyahu solo la scusa per realizzare nel fuoco e nel sangue il Grande Israele, il sogno di tutta la destra estremista del sionismo, con la complicità degli Usa e l’indifferenza dell’Europa. Con un colpo di mano che violerebbe una lunghissima serie di trattati e di risoluzioni Onu. Ed è per questo che, oltre che per il sussulto nella dignità nazionale di un Paese che nel Mediterraneo ha contato e dovrebbe ancora contare, la presa di posizione dell’Italia ha un valore importante. Non si può accettare tutto, nemmeno da un Paese amico. E non si può accettare che Netanyahu, facendo leva sul perenne ricatto dell’antisemitismo, di fatto pretenda di orientare la politica mondiale.

La speranza ora è che le parole del ministro Crosetto non siano state dettate solo dalla legittima preoccupazione per i circa mille soldati italiani che fanno parte del contingente Onu, forte di 10mila uomini. Ma anche dalla consapevolezza che cedere adesso a Netanyahu sarebbe un errore fatale, per la comunità dei Paesi e per ogni singolo Paese, soprattutto per quelli che, come il nostro, hanno una relazione profonda con il Medio Oriente. Ed è importante capirlo subito perché se Netanyahu insisterà, bisognerà anche capire come potrà o dovrà reagire Unifil.

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