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L'Editoriale
Sabato 01 Marzo 2025
Il decreto bollette senza misure strutturali
ITALIA. A prevalere sembra sia stata soprattutto la logica del «tampone», cioè della misura provvisoria sulle bollette gas e luce, congegnata per aspettare che il prezzo del gas confermi la diminuzione che si registra dal picco dei 78 dollari raggiunto il 10 febbraio agli attuali 45.
In pratica i sette articoli del decreto «bollette» varato dopo molti mal di pancia dalla riunione del Consiglio dei ministri di ieri per iniziativa di Giancarlo Giorgetti (Economia) e Gilberto Pichetto Fratin (Ambiente) si agganciano alla speranza di una prossima pace in Ucraina e a una distensione del quadro geopolitico, oltre che naturalmente all’arrivo delle più miti temperature primaverili. Ecco perché la metà dei fondi stanziati (pari a tre miliardi non a debito), quelli destinati alle famiglie con Isee fino a 25mila euro (prima il limite superava di poco i 9mila), contiene «sconti» e riduzioni per i prossimi tre mesi, insomma fino a maggio quando le caldaie condominiali e familiari saranno abbondantemente spente.
Fino ad allora, con scaglioni diversi, circa otto milioni di famiglie potranno respirare un po’, molte di loro risparmiando circa 200 euro a bolletta. Inoltre è stata decisa un’altra proroga di due anni per il passaggio al mercato libero a favore delle fasce più deboli della popolazione e delle microaziende più fragili.
Agevolazioni anche per le aziende
A proposito di aziende, per loro resta l’altra metà dei tre miliardi: una parte destinata alle Pmi (per le quali c’è l’azzeramento degli oneri di sistema) e un’altra alle imprese energivore, le più colpite dall’aumento delle bollette. Elemento importante del decreto, l’apertura alla prospettiva di un ritorno all’energia nucleare di ultima generazione di cui da tempo si fa portavoce il ministro Fratin per impianti molto più piccoli delle centrali tradizionali e basate sulla fusione.
Mancano misure strutturali
L’approccio emergenziale - lo stesso che ad essere onesti è stato seguito in tutti i decreti energia dallo scoppio della crisi in poi - è stato accolto male dalle opposizioni e dalle associazioni di consumatori. Quello che appare evidente, ancora una volta, è come manchino vere misure strutturali, forse delegate alle future mosse di stampo comunitario, quelle contenute nel Piano Ue per l’energia accessibile. È quanto ha sostenuto in particolare Carlo Calenda rinfacciando al Governo di non aver voluto mettere mano agli incentivi miliardari per le energie rinnovabili vendute al consumatore finale al prezzo di quelle da origine fossile, creando così un enorme margine di profitto per le aziende produttrici, e di non aver deciso il disaccoppiamento del prezzo dell’energia elettrica da quello del gas.
L’opposizione attacca
La mancanza di una vera politica energetica e il ricorso alle «mancette» è stato un po’ il dato comune di tutti i partiti di minoranza che si sono trovati d’accordo nel criticare Giorgia Meloni. Salvo su un punto: mentre Pd e M5S respingono il ricorso al nucleare rifacendosi al referendum che lo bocciò nel lontano novembre 1987, Calenda si dice pienamente d’accordo col governo per reintrodurre una fonte di energia completamente pulita, a zero emissioni climalteranti, che ridurrebbe la dipendenza dell’Italia da fornitori esteri. Viceversa i verdi e le sinistra in genere sostengono che la vera alternativa sono le fonti rinnovabili che la Natura fornisce gratuitamente e che azzerano la dipendenza nazionale dall’estero.
Ultima piccola polemica della giornata. Mentre Giorgetti e Pichetto Fratin illustravano in sala stampa i particolari del decreto, la premier registrava nel suo studio un video destinato ai social con i medesimi contenuti. In altri tempi lo si sarebbe considerato uno sgarbo ai ministri ma oggi Giorgetti ha fatto spallucce: «Mi arrabbio solo quando il Southampton perde le partite» ha risposto consolandosi con il ricorso all’ironia.
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