Il crinale sottile tra ordine e libertà

ITALIA. Un dilemma vecchio come la storia delle democrazie. La libertà non può esistere senza l’ordine, l’ordine senza la libertà diventa oppressione.

Il divieto opposto alla manifestazione pro Palestina di sabato 5 ottobre – peraltro poi regolarmente tenutasi –, proprio alla vigilia della ricorrenza della strage perpetrata da Hamas a danno del popolo ebreo, ha suscitato un vespaio di polemiche . Dai banchi dell’opposizione si sono levate grida di allarme: è un attacco alla libertà di manifestazione. Una conferma, – si è detto – della vocazione autoritaria di una premier che – parola di uno studioso del calibro di Luciano Canfora – «è nazista nell’anima». È tornato, insomma, alla ribalta un dilemma vecchio come la storia delle democrazie. Infatti, ordine e libertà sono due istanze che hanno accompagnato stabilmente la sua vita. Istanze opposte, eppur sorelle.

Ordine e libertà: due istanze così diverse, eppur così legate

La libertà non può esistere senza l’ordine. Sarebbe la guerra civile: bellum omnium erga omnes (la guerra di tutti contro tutti). Da parte sua, l’ordine senza la libertà diventa oppressione. Un esempio a noi assai familiare. Con la scusa dell’ordine da restaurare, il fascismo è partito dalla soppressione delle libertà statutarie per instaurare una dittatura.

Ordine e libertà: due istanze così diverse – si diceva -, eppur così legate, al punto che sono state individuate come la coppia oppositiva che traccia il contrasto e la distinzione di destra e sinistra: la prima paladina dell’ordine, la seconda della libertà.

Tutela dell’ordine ed esercizio della libertà sono due compiti che spettano all’autorità politica.

Di regola, non confliggono tra di loro, ma solo fino a quando non compaiono forze antisistema. Da quel momento il confine che delimita la tutela dell’ordine dall’esercizio della libertà diventa assai labile.

Nell’Italia dell’Ottocento bastava che in un’osteria un avventore, magari dopo un bicchiere di troppo, sbottasse al grido: «la proprietà è un furto» perché venisse attenzionato – per usare un eufemismo – dalla questura.

Fortunate le democrazie che non si ritrovano a ridosso della linea rossa che separa la tutela dell’ordine dalla libertà di espressione

Evidentemente, si trattava di una lesione della libertà di espressione. Può succedere, però, che dall’affermazione generica «la proprietà è un furto» si passi a un’esclamazione che suoni come invito a non rispettare la proprietà. Potrebbe allora configurarsi come istigazione a compiere un reato e quindi far partire una denuncia all’autorità giudiziaria.

Qualcosa del genere capitò – siamo nel bel mezzo degli anni Settanta, gli «anni di piombo» – a un intellettuale del tempo, allora famoso, Tony Negri. Infiammare con la critica alla proprietà studenti che poi passano dalle parole ai fatti e attuano un «esproprio proletario» o addirittura a una rapina, costò al filosofo padovano una condanna per «concorso morale».

Ordine e libertà in condizioni normali sono due istanze che non confliggono.

In situazioni invece di elevata conflittualità, possono divenire difficilmente conciliabili. Fortunate le democrazie che non si ritrovano a ridosso della linea rossa che separa la tutela dell’ordine dalla libertà di espressione. Non meno fortunate, però, quelle democrazie che hanno la grande capacità di ristabilire questo confine, dopo momenti difficili.

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