Il compromesso
del Salva-Stati

Il discorso che Giuseppe Conte terrà lunedì 2 dicembre in Parlamento sul Mes, il meccanismo europeo finalizzato ad assistere gli Stati in difficoltà finanziaria, rifletterà il compromesso raggiunto ieri sera a Palazzo Chigi tra ministri e capidelegazione dei partiti di governo. Luigi Di Maio sulla nuova versione del Fondo Salva Stati è arrivato a minacciare la crisi di governo e Zingaretti gli ha risposto che le sue minacce sono «una follia» per la stabilità finanziaria dell’Italia.

Il risultato di questo scontro è stato appunto la riunione di ieri sera che Conte ha voluto fortemente per uscire dall’angolo in cui il governo si stava mettendo da solo. Sul tavolo un compromesso possibile: ottenere dai partner il rinvio dell’approvazione del Mes (che dovrebbe avvenire prima nell’Eurogruppo della prossima settimana poi al Consiglio europeo del 12 dicembre) rilanciando una trattativa «a pacchetto», cioè richiedendo contemporaneamente un accordo anche su altri punti, il più essenziale di tutti è l’unione bancaria.

Se l’Italia mettesse il veto sulla bozza su cui l’Abi ha espresso parere negativo, otterrebbe una generale riconsiderazione di tutto, appunto, il pacchetto. E pazienza se più d’uno ha avvertito che Roma avrebbe tutto da perdere da una rinegoziazione complessiva di quanto finora è stato concordato, visto che proprio il ministro Tria nel giugno scorso era riuscito a respingere alcune delle proposte per noi più dannose avanzate dai tedeschi e dai soliti olandesi. Ma se si ottenesse almeno questo risultato d’immagine, tutti nella maggioranza politica italiana potrebbero cantare vittoria. Tanto è vero che l’ipotesi di compromesso ieri sera portava la firma del ministro dell’Economia Gualtieri: non modificare nella sostanza nulla del Mes ma ottenere del tempo «politico». Non è chiaro se la manovra potrà avere successo.

Ma oltre a spiegare a quale risultato si è arrivati ieri sera, oggi Conte si preoccuperà soprattutto di respingere le «fesserie» che secondo lui Salvini ha detto sul Mes. Il leader della Lega, come è noto, è arrivato ad accusare di alto tradimento il presidente del Consiglio auspicando per lui addirittura la galera per aver sottomesso gli interessi nazionali a quelli egli altri Paese e, segnatamente, delle banche tedesche. L’imbarazzo di Conte semmai starà nel fatto che Di Maio, il capo del partito che lo ha espresso come presidente del Consiglio, in queste settimane ha usato sostanzialmente gli argomenti di Salvini, evitando solo di arrivare alla brutale conseguenza giudiziaria tirata dal suo ex alleato. Questo ritorno di Di Maio alle origini più anti-europee del Movimento è stato visto come un tentativo del leader di riagganciare il consenso interno, oggi pericolosamente a rischio. E nello stesso tempo, per il ministro degli Esteri allinearsi a Salvini sul Mes potrebbe significare anche un riavvicinamento politico alla Lega verso la quale non ha mai nascosto una certa nostalgia.

Sta di fatto che le convulsioni del vertice grillino, alle prese con sondaggi che danno il M5S in rapido discesa elettorale ben sotto il 20%, stanno seriamente mettendo in pericolo la tenuta del governo (che poi significa automaticamente anche la tenuta della legislatura). Sono troppe le questioni rimaste in sospeso per mancanza di accordo (riforma della prescrizione, concessioni autostradali e autonomia regionale soprattutto) per non rischiare il deragliamento.

Specialmente se in gennaio Salvini dovesse conquistare la Regione Emilia Romagna a spese del Pd e in quelle stesse elezioni i grillini dovessero scoprire di avere ormai un patrimonio elettorale ridotto ad una cifra.

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