Il centro che resiste si fa male da solo

ITALIA. «Se ci sei batti un colpo!» Potrebbe essere questa la sollecitazione/intimidazione da rivolgere alle forze politiche (Italia viva, Azione nonché Forza Italia) che animano lo spazio politico chiamato centro. Ma, il centro esiste o, come molti sono convinti, è solo un’illusione ottica?

Non è per caso un fantasma che appare e scompare? Uno schermo dietro cui ripara chi non ha il coraggio di dichiararsi di destra o di sinistra? Parafrasando un detto divenuto proverbiale, si potrebbe sostenere che il centro è un po’ come l’Araba Fenice: «Che ci sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa!». Esattamente il contrario di quel che si pensa della destra e della sinistra. Anche chi è digiuno di politica, non ha difficoltà a orientarsi con queste categorie politiche. Non succede invece col centro. Più che un pieno, sembra un vuoto. Pare esistere solo per sottrazione. Sarebbe di centro chi non è né di destra né di sinistra.

Un ben strano fantasma, quello del centro. Tutti ne parlano, molti lo cercano, non pochi lo demonizzano. Senza dire che talora poi compare in carne ed ossa, in qualche caso con tale forza da conquistare il controllo della politica. C’è stata una stagione, durata ben mezzo secolo, in cui il centro - parliamo della Democrazia cristiana - non solo è stato maggioritario, ma si è permesso il lusso di essere il solo collocato al tavolo da gioco in possesso delle carte vincenti. Chi a destra (il Msi) o a sinistra (il Pci) voleva accedere al governo, doveva per forza di cose fare la piega e bussare rispettosamente alla porta della Balena Bianca, che poi decideva a suo piacimento se associare o meno - e a quali condizioni - il partito questuante. Erano i tempi del sistema proporzionale, di una destra e di una sinistra confinate in un angolo per il loro standing antisistema.

Tutto il contrario di quel che avviene da quando è in atto il tentativo di animare una democrazia dell’alternanza. Una legislazione elettorale impostata sul criterio maggioritario spinge l’elettore a scegliere tra due alternative. Tertium non datur: non c’è spazio per un terzo incomodo. In altre parole, diventa problematico per il centro assicurarsi un’esistenza, stretto com’è da una logica binaria: è chiamato a stare o di qua o di là.

Tuttavia, soffocato nelle istituzioni, non per questo il centro viene meno nella società. L’opinione pubblica che non ama gli estremismi finisce per non avere altre valide alternative; è spinta ad esercitare il cosiddetto «voto utile». Tende cioè a ripiegare sulle ali moderate dei due soli schieramenti che si giocano la partita.

È presto spiegata la ragione per cui l’appuntamento elettorale dell’europee è per il centro una sfida decisiva. La regola proporzionale permette a una terza presenza di poter misurare le proprie forze senza essere costretta ad appoggiarsi a destra o a sinistra.

Non contento della dura prova che l’aspetta, c’ha pensato il centro a complicarsi la vita già difficile. Invece di presentarsi in qualche modo collegato, se non proprio alleato, ha deciso di giocarsi la sopravvivenza a ranghi sciolti. Ha reso con ciò ancora più difficile la sfida. Italia viva e Azione corrono sul filo del rasoio del 4%, soglia sotto la quale sarebbero escluse dal parlamento europeo. Da parte sua, Forza Italia si può dire confortata, oltre che dai suoi numeri più alti, dalla condizione di sicurezza che le offre appartenere ad una coalizione. In compenso soffre dal ritrovarsi forza minoritaria dentro uno schieramento dominato dalla destra, sia della Lega sia di FdI.

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