Il calcio è cambiato
come il mondo

Parliamo di calcio, finalmente, dopo questo lungo, interminabile stop. Era inevitabile, lo sapete. Già l’ultima partita che ho commentato di Champions League, Liverpool-Atletico, fu una grande imprudenza tenerla aperta al pubblico. E io ero lì, non vi nascondo quante precauzioni abbiamo avuto quella sera per evitare i luoghi dello stadio eccessivamente affollati. A proposito: parto da qui. Dal tema che un po’ in tutta Europa si sta discutendo: giocare a porte chiuse. C’è chi dice: senza pubblico non è calcio, quindi non mi interessa e anzi, non si dovrebbe nemmeno giocare. E c’è chi dice: in questa situazione questo è quel che si può fare. Io, ve lo dico in sincerità totale, sono di questa opinione. Io capisco chi va allo stadio ed è dispiaciuto di non poter vivere quelle emozioni.

Lo so che una partita senza pubblico e una partita a porte chiuse non sono la stessa cosa. Però dico: tutto il mondo non è più la stessa cosa, e come possiamo pretendere che proprio il calcio resti l’unico aspetto della nostra vita uguale a prima? Magari fra un po’ si potrà ricominciare a entrare negli stadi, ma adesso occorre capire e accettare l’idea che non si può. Per le squadre, se si riesce a iniziare a giocare, anche economicamente è molto meglio per tutti. Se si inizia a giocare e finire i campionati si pongono anche piccole basi per il futuro, per affrontare meglio le difficoltà economiche di una parte delle società. Ci sono società grandi che per i loro ricavi sono in grado anche di reggere a lungo, ma società più piccole che non so quanto possano resistere. Ora il sacrificio c’è in tutta la società, si deve fare anche nel calcio.

C’è chi obietta: preferisco vedere una partita brutta, dell’ultima categoria, ma col pubblico. È un’opinione che rispetto, ma io preferisco anche se non c’è pubblico vedere una bellissima partita di calcio, con squadre brave, che giocano un calcio piacevole. Altri non sono fatti così, ma io conosco tanta gente che vuole vedere un buon calcio. Non è la stessa cosa, certo, ma ditemi una cosa nel mondo che oggi sia com’era cinque mesi fa. Anche perché le alternative sono due: chiudere il calcio del tutto, fino a chissà quando. Oppure giocare col pubblico, dando al virus un grande assist per continuare a circolare. Un’idea ridicola, direi. Ora invece si inizia a giocare, nella Bundesliga ho visto partite non tanto belle e senza il pubblico ovviamente erano ancor meno divertenti e noiose, e ho visto anche due o tre partite bellissime, e anche se non è la stessa emozione di prima, sono riuscito a godermele lo stesso, e mi è piaciuto molto vedere di nuovo cose belle in campo, squadre che giocano bene, gesti tecnici notevoli.

La gente deve accettare che se la società non è uguale, il calcio non può restare uguale a prima. Certo, nessuno è contento di questo, ma il mondo intero non è contento di quello che stiamo vivendo, ma se il calcio riparte dà un altro segno che almeno si riesce a fare qualcosa.

L’altro tema sono i playoff, che cambiano le regole dei campionati pur di finirli. Anche su questo ci sono molte discussioni. Dico: è ovvio che una completa regolarità e giustizia non ci sarà, in questa stagione. Ci sono nazioni che hanno affrontato il virus in un modo, altre che hanno preso decisioni diverse. Ci sono stati contagi diversi. Credo che alcuni campionati si potranno concludere, altri magari avranno ancora difficoltà. Per cui per il momento occorre accettare che non si può avere la certezza di concludere la stagione, e serve un’altra via per arrivarci, più corta. Per questo si pensa ai playoff. Pensate alla formula storica della Champions League, che verrà stravolta giocando partite secche tutte di fila, dai quarti alla finale. Si potrebbe dire anche di questo: non è regolare! Io dico: cambiare i piani è l’unico modo. Non sarà giusto, ma non c’è alternativa E dico che questa formula della Champions di certo darà un vantaggio all’Atalanta, perché l’outsider nella partita secca ha più possibilità. Una grande squadra in 180 minuti può sempre ribaltare un match sbagliato, ma in 90 minuti può davvero succedere di tutto. Quindi speriamo a Lisbona di vedere grandi cose da parte dell’Atalanta. Quello lì era il mio stadio, quando giocavo nel Benfica prima di arrivare a Bergamo. Immaginate che emozione sarà essere lì a vedere la mia squadra giocarsi la final eight di Champions sul campo dove io ho vinto una Uefa. So già cosa succederà a Lisbona: tutti mi chiederanno di parlare dell’Atalanta, perché io ormai sono l’emblema atalantino in Europa. E io come sempre sarò onorato di questo privilegio, e andrò a raccontare sentendomi sempre più un piccolo bambino adottato da Bergamo.

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