L'Editoriale / Bergamo Città
Venerdì 29 Maggio 2020
Il calcio che riparte
e i dubbi non risolti
Il calcio riparte. La domanda, che anche dopo questo fatidico 28 maggio resta tutta sul tavolo, è sempre la stessa: ma come, riparte? Settimane e settimane di dibattiti non hanno dissolto le nebbie. In Germania il governo ha deciso: si gioca, trovate il modo. In Italia s’ è scelto il metodo rovesciato: se trovate il modo, si gioca. Attorno a quel «se» s’ è scatenato il campionato mondiale del tiro alla fune. Da un lato chi vuol giocare a tutti i costi (forse, fondamentalmente, solo Lotito).
Dall’altro chi avrebbe tutto da perdere, magari rischiando di retrocedere. E col tiro alla fune, si sa, si resta fermi. Ora si fa un passo avanti: si riprenderà, è ufficiale. Eppure, i problemi di fondo sono ancora lì. Perché l’ ok del Comitato tecnico scientifico è arrivato a condizione che un positivo vada in quarantena per due settimane, con tutti i suoi «contatti», cioè la squadra.
Dunque, dato che l’ ipotesi di accorciare tutto accordandosi su una formula tipo playoff viene rifiutata dai dinosauri del pallone, allergici a qualsiasi forma di modernizzazione (tranne quelle monetizzabili), si resta fermi alle 124 partite da giocare. La sintesi è questa: vanno giocate 124 partite con un tour de force del tutto inedito e il caldo dell’ estate, ma se emerge un solo positivo va in quarantena una intera squadra per due settimane. Cioè lo spazio di almeno 5 partite. Che andrebbero recuperate quando, non è dato sapere, considerato il calendario che non può contenere solo il campionato, ma anche la conclusione della Coppa Italia e, poi, delle competizioni internazionali. Oltre a prevedere l’ inizio del 2020/21 con modalità adeguate per arrivare in tempo agli Europei 2020, traslocati al 2021. Insomma, si correrà a 300 all’ ora con un muro davanti.
Un bel ginepraio: si comincia, non si sa se e soprattutto come si finisce. Si comincia non avendo risolto il grande dilemma che accompagna il calcio da settimane: la quarantena. E poi, non è ancora chiaro il cosiddetto «piano B», che già di per sé è un controsenso: se si «manomette» la classifica attuale, occorre finire. Ma le norme, di fatto, rendono strettissimo il passaggio che porta alla conclusione naturale del campionato, perché da noi è intoccabile la regola della quarantena di gruppo, a differenza di Germania e Inghilterra, dove un positivo viene messo in «singolo» isolamento, e avanti a testa bassa.
In tutto questo, il calcio italiano, che com’ è noto è sommerso dai debiti, ha avuto l’ idea geniale di far causa a Sky, che insieme agli altri operatori televisivi versa gli unici introiti certi del pallone. Ogni anno una montagna di denaro fresco. Non solo: quelle idrovore di quattrini che sono le società di calcio avrebbero anche deciso, come atto di guerra, di riscuotere la fideiussione che i network ovviamente depositano ogni anno a garanzia dei contratti stipulati. Un movimento che al botteghino e dal marketing incassa molto meno dei campionati concorrenti sceglie di fare la guerra all’ unica fonte di incassi garantiti, a causa di un virus che non sarà colpa delle società, ma tantomeno è responsabilità delle tv. In più, mentre con la sinistra la Lega calcio agita la minaccia dei tribunali, con la destra il governo chiede di trasmettere gratis ciò che in genere si paga non poco, facendo filotto: con una sola idea irritate le tv e imbufaliti i loro abbonati, che si sentono babbei e finiscono per arruolarsi alla maggioranza dei contrari alla ripartenza.
Oggi altro giro altra corsa, con l’ Assemblea di Lega. Attesi fuochi d’ artificio. D’ altra parte, è il calcio italiano. L’ unico al mondo in cui il componente di uno staff è positivo alle 17 del mercoledì e negativo alle 12 del giovedì. Di venerdì, chi può dirlo. Con l’ indice a 0,50 e l’ aria che tira, capace che oggi sarà positivo ma solo un tantino, dalla cintola in su. ssimo il passaggio che porta alla conclusione naturale del campionato, perché da noi è intoccabile la regola della quarantena di gruppo, a differenza di Germania e Inghilterra, dove un positivo viene messo in «singolo» isolamento, e avanti a testa bassa.
In tutto questo, il calcio italiano, che com’ è noto è sommerso dai debiti, ha avuto l’ idea geniale di far causa a Sky, che insieme agli altri operatori televisivi versa gli unici introiti certi del pallone. Ogni anno una montagna di denaro fresco. Non solo: quelle idrovore di quattrini che sono le società di calcio avrebbero anche deciso, come atto di guerra, di riscuotere la fideiussione che i network ovviamente depositano ogni anno a garanzia dei contratti stipulati. Un movimento che al botteghino e dal marketing incassa molto meno dei campionati concorrenti sceglie di fare la guerra all’ unica fonte di incassi garantiti, a causa di un virus che non sarà colpa delle società, ma tantomeno è responsabilità delle tv. In più, mentre con la sinistra la Lega calcio agita la minaccia dei tribunali, con la destra il governo chiede di trasmettere gratis ciò che in genere si paga non poco, facendo filotto: con una sola idea irritate le tv e imbufaliti i loro abbonati, che si sentono babbei e finiscono per arruolarsi alla maggioranza dei contrari alla ripartenza.
Oggi altro giro altra corsa, con l’ Assemblea di Lega. Attesi fuochi d’ artificio. D’ altra parte, è il calcio italiano. L’ unico al mondo in cui il componente di uno staff è positivo alle 17 del mercoledì e negativo alle 12 del giovedì. Di venerdì, chi può dirlo. Con l’ indice a 0,50 e l’ aria che tira, capace che oggi sarà positivo ma solo un tantino, dalla cintola in su.
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