Il bisogno di personale e gli ingressi insufficienti

ITALIA. Doveva essere la soluzione all’immigrazione regolare, un meccanismo razionale per governare il flusso di manodopera straniera in Italia. Invece, il Decreto Flussi è diventato la sua parodia. Non per opinione, ma per matematica.

E la matematica, a differenza della politica, non concede illusioni: il sistema non funziona. E per come è congegnato, non potrà mai funzionare. I dati della provincia bergamasca – e non solo – lo confermano con la precisione di una sentenza. Lo Stato fissa un tetto agli ingressi, come se il mercato del lavoro fosse una cisterna da riempire con il contagocce. Ma il risultato è un cortocircuito: le imprese restano senza operai, i lavoratori restano senza permessi e il lavoro nero prolifera. Non è difficile capire il perché.

Il Decreto è una cassettiera con troppi e variegati scomparti incapace di riempire le giuste quantità. Le quote sono troppo articolate in un dedalo di categorie e sottospecie, tra lavoratori stagionali, operai, badanti, agricoltori, braccianti, artigiani e via dicendo

Il caso più eclatante è l’accesso dei lavoratori legati all’assistenza familiare e socioassistenziale. Le caselle non coincidono. Il Decreto è una cassettiera con troppi e variegati scomparti incapace di riempire le giuste quantità. Le quote sono troppo articolate in un dedalo di categorie e sottospecie, tra lavoratori stagionali, operai, badanti, agricoltori, braccianti, artigiani e via dicendo. Per ipotesi, se a Bergamo servono mille badanti il decreto ne prevede l’ingresso di dieci mentre magari dà il disco verde all’entrata di 200 agricoltori di cui la provincia non ha bisogno.

La corsa a chi clicca più in fretta

Se non bastasse il disallineamento dei numeri, ci pensa il metodo di assegnazione a rendere il tutto ancora più grottesco. Il sistema del click day, ovvero l’apertura delle richieste online in un giorno e un’ora precisa, si risolve in una corsa a chi clicca più in fretta. In pochi minuti i posti sono esauriti, con buona pace di chi davvero avrebbe bisogno di un lavoratore e di chi davvero cerca un’occupazione. Una lotteria.

A proposito di lotteria, proviamo a dare qualche numero. Nel corso del 2023, complessivamente, le domande pervenute in relazione al decreto flussi 2022, sono quasi 6 volte le quote stabilite: 462.422 istanze su 136.000 posti disponibili. Nei click day del 2024 sono state 690.000 le domande presentate, a fronte di 151.000 ingressi autorizzati. Poi il crollo. Nel 2025, infine, 180.022 su 180.720 quote disponibili.

I dati contraddicono una realtà nota: in Italia c’è un gran bisogno di lavoratori e lavoratrici, a cominciare da badanti e assistenti, data l’età anagrafica degli over 60. La moria di domande è dovuta ai controlli governativi, secondo una nota diffusa dal ministero dell’Interno

Di fatto i dati mostrano come si passi a un numero, per la prima volta, addirittura inferiore alle disponibilità. Ma non è il segno di una miglioria. I dati contraddicono una realtà nota: in Italia c’è un gran bisogno di lavoratori e lavoratrici, a cominciare da badanti e assistenti, data l’età anagrafica degli over 60. La moria di domande è dovuta ai controlli governativi, secondo una nota diffusa dal ministero dell’Interno. Ma siamo sicuri che il crollo dei click sia dovuto a verifiche rigide? È molto più probabile che abbiano giocato le lungaggini burocratiche frapposte.

Dopo le modifiche al Decreto Flussi la procedura è diventata estremamente onerosa in termini burocratici, rispetto alla durata del procedimento e ai nuovi requisiti per i datori di lavoro, costretti a precaricare le domande in poche settimane e con scarsissimo preavviso. Per presentare una domanda servono documenti su documenti, il tutto con scadenze improvvisate e tempi impossibili. Il risultato è che molte aziende hanno gettato la spugna, mentre le famiglie – in particolare quelle che avrebbero bisogno di assistenza per anziani e disabili – rischiano di finire in un vicolo cieco.

Il timore, altissimo, è che datori di lavoro e le famiglie, in particolare, abbiano deciso di non ricorrere a questo meccanismo per assumere egualmente lavoratrici e lavoratori, lasciando così spazio ulteriore al sommerso e alla precarietà. E qui sta il paradosso.

Perché c’è il Decreto flussi

Il Decreto Flussi nasce con il nobile intento di favorire la regolarizzazione, o almeno così è stato presentato. Ma, nella pratica, visti i paletti frapposti, è uno dei principali incentivi al lavoro nero. Chi non riesce a ottenere un visto entra con permessi turistici o resta in attesa di un futuro decreto che forse lo includerà. Nel frattempo, lavora comunque, senza tutele e senza diritti. È il solito vizio italiano: norme che dovrebbero regolare, ma che di fatto alimentano il problema che vorrebbero risolvere.

E così ogni anno ci si ritrova con lo stesso copione: un decreto che arriva tardi, numeri insufficienti, ritardi nei decreti attuativi, aziende bloccate, immigrati senza via d’uscita. A questo punto la domanda è: ha senso mantenere in vita un sistema che regolarizza poco o nulla e non aiuta nessuno? O forse è meglio prendere atto del fallimento e ripensare la gestione dei flussi in modo più razionale e meno ipocrita? O per caso il Decreto Flussi è semplicemente una bandiera, un pennacchio strumentale di una politica anti-immigrati? Ma questa, si sa, è una domanda a cui nessuno vuole rispondere.

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