L'Editoriale
Sabato 23 Novembre 2024
I sindaci e l’esempio di una buona politica
ITALIA. L’Assemblea Anci, l’Associazione dei Comuni, ha mandato segnali positivi, auspice un Mattarella sempre più simbolo della buona politica.
I sindaci, in modo bipartisan, (quando mai accade?) hanno eletto i vertici all’unanimità, pur dopo i soliti maldipancia Pd frutto del non risolto rapporto tra la segreteria e i cosiddetti riformisti, ormai privi di un leader, per il silenzio assenso di Bonaccini. Ma c’è di più, a favore del rinnovato ruolo dei Comuni italiani. Alle recenti elezioni regionali si è rilevata una crescita dei primi cittadini, simboleggiata dall’elezione a presidente (la parola governatore è del tutto inventata) degli ex sindaci di Genova, Ravenna, Assisi, con dietro di loro, altri in carica. Lo si era già notato alle europee, con i successi dei Gori, Nardella, Ricci, De Caro. In netto arretramento le scelte avaramente politiche, come quella dell’ex pluriministro Andrea Orlando, naufragato nelle contorsioni del campo largo.
Il ruolo dei sindaci
Dentro la crisi anche di partecipazione, i sindaci sono meglio percepiti e giudicati. Forse si coglie di più la difficoltà del ruolo. Non contano neppure le dimensioni del Comune, e anzi in quelli più piccoli e isolati si configura una specie di eroismo amministrativo, che produce la caduta della vocazione, con difficoltà a reperire cittadini disposti a un tale sacrificio. Per giunta mal remunerato, perché resiste anche qui la vulgata anticasta che vorrebbe sindaci kamikaze, sempre troppo pagati per l’invidia sociale dominante. E quindi oggetto di polemiche quando finalmente, da poco, una legge ha alzato quello che non è uno stipendio ma un emolumento risarcitorio. E quasi ci si vergogna di ratificare un incremento monetario che perfidamente il Parlamento non ha varato in modo neutrale, ma lascia alla decisione dei singoli Consigli comunali. Per non dire della riforma dell’abuso d’ufficio, che ammortizza almeno in parte rischi penali pesanti, già devastanti al solo manifestarsi di un avviso, anche se poi la quasi totalità dei processi si chiudeva nel nulla.
«Molte delle magagne della nostra vita pubblica derivano dal fatto che essi (i politici) al peccato veniale di nulla sapere della tecnica degli istituti a cui sino preposti, aggiungono per lo più il mortalissimo peccato di essere ignari eziandio della speciale materia che è quella politica» diceva Luigi Einaudi
La comunità dovrebbe insomma essere grata a questo personale politico, che ha un solo giorno di gloria prima di un quinquennio di fatica. In fondo, la stessa Lega ha costruito su questo spirito di sacrificio la parte migliore della sua esperienza e per questo lascia freddi anche gli elettori la sua battaglia ideologica d’antan a favore del regionalismo aumentato. Ma c’è anche un altro motivo di riflessione, a sostegno del prezioso contributo democratico dei sindaci, la riscoperta che la politica non si improvvisa ed è soltanto populismo autolesionistico, facilitato da leggi elettorali senza preferenze, quello che ha rovesciato il cursus di crescita di chi si impegna nella cosa pubblica.
Il ruolo dei Comuni
Un tempo si cominciava proprio dai Comuni, avendo l’umiltà di capire che la politica non è un mestiere come tutti gli altri e, diceva Luigi Einaudi: «Molte delle magagne della nostra vita pubblica derivano dal fatto che essi (i politici) al peccato veniale di nulla sapere della tecnica degli istituti a cui sino preposti, aggiungono per lo più il mortalissimo peccato di essere ignari eziandio della speciale materia che è quella politica». L’uno vale uno lo stiamo pagando tutti. Non serve far nomi di ministri per caso.
Si cominciava, stando zitti e guardando i colleghi più esperti, dai bilanci comunali salendo man mano – se capaci – a far parte di Giunte e infine diventando sindaci, o ormai essendo pronti alla Provincia, alla Regione e al Parlamento. E anche qui, dura gavetta. Il più illustre dei politici bergamaschi della Repubblica, Filippo Maria Pandolfi, è stato innanzitutto un grande consigliere comunale a Palazzo Frizzoni. I ministeri romani e gli ambulacri di Bruxelles erano ancora lontani. Oggi – in odio alla carriera politica - ci si dilania per i terzi mandati, si è tagliato il numero di parlamentari magari rimangiandosi tre no per un facile si al quarto voto. Tutto per pulsioni transitorie. Fortuna che prima o poi, guardando da vicino il lavoro dei sindaci, qualche segno positivo stia emergendo.
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