L'Editoriale / Isola e Valle San Martino
Sabato 16 Novembre 2024
I nuovi dazi e l’Europa sull’orlo del burrone
MONDO. Solo nella mezza mattinata di apertura del recente Festival Città Impresa svoltosi a Bergamo, la parola «dazi» è stata pronunciata ben 42 volte dai relatori, e così si è andati avanti anche nelle giornate di dibattito successivo.
Quasi un’ossessione, frutto del risultato delle elezioni Usa, con Donald Trump convitato di pietra. Ma non ha torto Roberto Vavassori, (Brembo e Anfia), a consigliare di non confondere il dito, cioè i dazi, con la luna, quest’ultima essendo il ben più vasto problema del nuovo scontro planetario sull’Occidente e i suoi valori. A fine secolo, l’Occidente attuale peserà per il 10% della popolazione mondiale. In fondo, i dazi – veleno dell’economia libera, incubo di Luigi Einaudi – c’erano ai tempi di Obama, prima di quelli di Trump 1, e non sono stati toccati dal suo successore Biden.
I convitati di pietra
E allora entra sulla scena un secondo convitato, Vladimir Putin, con il suo complesso di rivincita, risalente a ben prima della guerra, quando in un’intervista se la prese con il liberalismo, e sembrò surreale che da quel pulpito si volesse insegnare la libertà. L’autocrate russo ce l’aveva con la democrazia e i diritti civili (che considerava la causa della corruzione dei costumi), sentendosi autorizzato ad una crociata moralizzatrice, tanto per cominciare denazificando l’Ucraina. Nella conferenza stampa successiva all’elezione di Trump, il dittatore russo ha aggiornato il suo pensiero spiegando che senza il colpo di mano contro il vicino di casa più fastidioso (al costo per ora di almeno 100mila morti russi, ma nessuno protesta a Mosca il sabato pomeriggio), sarebbe diventato – tra sorrisi e vendita agevolata di petrolio e gas – un Paese di «seconda fascia», buono solo per lo scambio di materie prime. Un destino inaccettabile. Ma il secondo convitato è solo una comparsa rispetto ad un t erzo soggetto, Xi JinPing, che è il vero competitore degli Usa per la leadership mondiale.
Il ruolo dell’Europa
E l’Europa? Qui è il vero problema che dovrebbe attrarci ben più delle dispute su olio di ricino e caviale. Non si può pensare che ci siano due soli italiani, Mario Draghi ed Enrico Letta (esponenti dell’elite che perde le elezioni, perché antipatica e supponente), che si preoccupano del futuro con l’angoscia che merita. Se c’è un punto di forza che l’Italia ha salvato in questi tormentati anni in cui un italiano su due ha smesso di votare e l’altro si è occupato di invettive contro comunisti e fascisti (ma in che anno siamo?), questa forza è stata l’esportazione dei prodotti del nostro ingegno, si trattasse di parmigiano o di macchinari straordinari. Ci ha tenuto a galla quella minoranza di imprese non tutte necessariamente grandi che riusciva a vendere con successo. Non ci fossero la guerra e i convitati di pietra, si potrebbero programmare 1000 miliardi di export. I numeri difficili della macroeconomia nazionale per ora stanno in piedi così.
Pensare che il più importante alleato del nostro Paese vinca e convinca promettendo dazi contro il mondo intero fa rabbrividire, perché dopo la Cina c’è la Germania, da cui dipendiamo per la nostra manifattura, e poi ci siamo noi
Pensare che il più importante alleato del nostro Paese vinca e convinca promettendo dazi contro il mondo intero fa rabbrividire, perché dopo la Cina c’è la Germania, da cui dipendiamo per la nostra manifattura, e poi ci siamo noi. Il metodo Trump, del resto, è ben noto: non considera Bruxelles ma si degna al massimo di trattare con i singoli 27 Paesi, tutti troppo piccoli per reggere il confronto e indeboliti dai filotrumpiani per ragioni di rivalità di partito, dimenticando i guai che stanno arrivando alle nostre imprese. Al nuovo capo americano piacciono le trattative dirette. Uno come Orban, frequentatore di Pontida, è l’ideale ma sarà irresistibile la manona di «the Donald» sulla spalla quando proporrà uno dei suoi adorati «deal». In cambio beninteso di sovranità perduta e abbandono al nemico se non paghiamo i costi della Nato (lo ha detto).
Pizza e gondole
Servirebbe un’Europa compatta, ma ci sarà forse solo se saremo sull’orlo del precipizio. E qui ancora bisogna guardare alla Luna, cioè alle decisioni di fondo. Non si può perdere tempo, bisogna liberarsi della clausola di veto, mettere in campo 800 miliardi, fare debito comune e decidersi, come dice Macron, ad essere un popolo né erbivoro, come è oggi, né carnivoro, ma onnivoro. Altrimenti i colossi ci mangiano, e noi ci occuperemo solo di pizza e gondole.
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